FIRENZE – Castello di Vincigliata
Si trova poco distante da Fiesole in località Vincigliata, via di
Vincigliata 13. Si tratta forse del miglior esempio di realizzazione del sogno
romantico di medioevo della nutrita colonia inglese che nell'Ottocento animava
la vita culturale di Firenze. Le origini del complesso affondano le radici fino
al 1031, quando nella zona sono ricordati torri e caseggiati dei Visdomini,
importante famiglia della Firenze medievale che aveva particolari privilegi
sull'episcopato fiorentino. La proprietà passò poi agli Usimbardi, seguiti dai
Ceffini di Figline, dai Bonaccorsi e dagli Albizzi. Un ramo di quest'ultima
famiglia, per ragioni di opportunità politica cambiò il nome in Alessandri e
proprio a questa fetta familiare toccò Vincigliata assieme ai poderi
circostanti, che allora andavano sotto il nome della "Torre". La
famiglia fu proprietaria della zona per molti secoli, senza però dargli molta
importanza, così che il castello si ridusse col tempo a un ammasso di rovine. In
epoca romantica tali ruderi vennero caricati di suggestioni pittoresche da
artisti e scrittori che si spingevano fin quassù, come dimostra uno schizzo del
Burci datato 1836 e di una vecchia fotografia Alinari. Nel 1850 John Temple
Leader, ricchissimo inglese, si innamorò di quelle rovine e le acquistò,
avviando un'opera di ristrutturazione che, nell'arco di dieci anni (dal 1855 al
1856), creò un nuovo castello di gusto gothic revival. L'intervento non si
limitò al solo restauro dell'edificio ma comprese anche i terreni circostanti,
rimboschendo le pendici della collina con un ricco sottobosco e con piante che
si potessero adattare al terreno roccioso. Il Leader fu affiancato in questa
operazione di "architettura ambientale" dall'architetto Giuseppe
Fancelli, attivo anche alla vicina villa di Maiano, e dall'esperto di idraulica
Alessandro Papini. Temple Leader ricreò attorno a sé il fascino del signore
medievale e del colto mecenate rinascimentale, arrivando ad esempio a far
coniare una propria medaglia con l'iscrizione "Johannes Temple Leader
Vincigliatae Dominus". Fece inoltre della sua villa il luogo di
accoglienza delle teste coronate dell'epoca. Un articolo su un numero del “The
Illustrated London News” in prima pagina riporta infatti la visita della Regina
Vittoria d’Inghilterra al Castello di Vincigliata, come ricorda anche la lapide
posta sul Kaffeehause, diffondendo in tutto il mondo la fama del luogo.
Numerose altre lapidi, vero e proprio almanacco in pietra, ricordano
altrettanti ospiti illustri. Il castello fu oggetto di numerose pubblicazioni,
che ne descrivono minutamente tutte le parti, gli arredi (antichi e in stile) e
la storia. Tra le foto d'epoca una particolarmente significativa, scattata dal
marchese Filippo Torrigiani il 18 aprile 1888 e pubblicata da Leader Scott nel
1891, mostra i bel mondo
fin de sécle ospite di John Temple Leader e di
sua moglie Luisa Raimondi. Temple Leader morì a Firenze nel 1903 lasciando
tutte le sue proprietà, tra cui anche il Castello di Vincigliata a lord
Westbury. La figura di Temple Leader ispirò anche un film muto, “Il sire di
Vincigliata”, del 1913. Durante la Seconda Guerra Mondiale il castello venne
utilizzato come campo di prigionieri di guerra. Il generale sir Adrian Carton
de Wiart diede un lungo racconto delle sue esperienze a Vincigliata nelle sue
memorie. Oggi il castello è sede di un centro congressi e servizi. Il complesso
si estende entro un perimetro trapezoidale di quasi 400 metri, circondato da
una muraglia di recinzione e comprende un mastio, una torre di guardia, un
cortile, una loggia e un chiostro, il tutto unificato dai caratteri
dell'architettura militare medievale. Il palazzo vero e proprio venne costruito
sui resti della rocca inglobandone il più possibile parti originali e
riprendendone la forma. A decorare gli interni fu chiamato Gaetano Bianchi, che
si ispirò a leggende cristiane che imitano l'arte medievale. Venne inoltre
staccato un ciclo di affreschi originale da una cappella nella chiesa di San
Martino in via della Scala a Firenze, con
Storie di san Bernardo degli
Uberti. Opere scultoree vennero create dagli scultori locali Giustini e
Marucelli. Il bacino naturale della Cava delle Colonne, trasformato in un
laghetto-piscina attraverso l'immissione delle acque del torrente Mensola, è
l'emergenza più significativa nel vasto parco romantico. Le sponde del lago
sono costituite da un lato, da rocce di macigno che sporgono formando
suggestive grotte, dall'altro sono delimitate da argini in muratura. Tutto
intorno la vegetazione si sporge verso la superficie del laghetto, nel quale
piante acquatiche, come ninfee, iris, papiri, gigli acquatici e canne, danno
colore alla piscina. Tutti i manufatti del parco sono realizzati prima del 1883,
ad eccezione della torre in stile gotico (1885-1886), che diventò il fulcro di
questa suggestiva ed insolita "stanza da bagno". La torre, coronata
da un ballatoio sporgente con merlatura guelfa, è molto simile a quelle di
guardia della cinta muraria del castello. Lo spogliatoio delle signore,
realizzato in legno, su palafitte, sullo stile dello chalet svizzero, è l'unico
edificio che non si è conservato. Un ponte, detto di Maria Luisa, unisce le due
sponde del torrente, al di là del quale sorge la
Kaffeehaus
dall'elegante loggiato. Questo edificio era originariamente utilizzato come
deposito attrezzi per gli scalpellini delle cave adiacenti. Intorno al laghetto
delle Colonne, il giardino si articola in sentieri tortuosi che attraversano il
fitto bosco incontrando, ponticelli, muretti, statue di mostri mitologici e una
grotta ninfeo, tipici elementi del giardino romantico. C’è una leggenda,
intorno al
castello
di Vincigliata. E’ un mito fatto
di amore e di morte,
di passione e di fantasmi. La storia risale al
XIII secolo e ha come
protagonisti due giovani della nobiltà fiorentina: Bianca degli Usimbardi e
Uberto del Mezzecca.
Le famiglie di Bianca e Uberto erano nemiche fra loro da generazioni
a causa di fatti di sangue mai del tutto spiegati. I matrimoni all’epoca erano
combinati e i due giovani amanti potevano alimentare il loro “fuoco” soltanto
di nascosto. A un certo punto, il padre di Bianca venne a sapere della relazione
fra i due ragazzi e prese l’unica decisione che, in quella circostanza, gli venne
dettata dalla legge non scritta dell’onore del casato: la figlia
non poteva più uscire dal
castello, non poteva vivere il mondo all’esterno, non poteva più vedere il suo
Uberto. Sembrava la fine ma il
padre della ragazza partì per
una spedizione militare vicino Lucca e rimase ferito in un combattimento.
Peggio gli sarebbe andata, però, se un giovane cavaliere non fosse intervenuto
all’ultimo momento
salvandogli la vita: quel giovane era Uberto. Il padre di
Bianca rimase colpito dal suo gesto e cambiò idea, consentendo
le nozze con la figlia. Ma
l’odio tra le due famiglie era come l’erbaccia, duro a essere sradicato e un
giorno, pochi istanti prima del matrimonio,
Uberto venne assalito da un gruppo di uomini
incappucciati: erano Usimbardi, parenti della ragazza, che lo
scaraventarono giù da cavallo,
lo pugnalarono a morte e fuggirono.
Bianca vide tutto da una finestra del castello. Fece appena in tempo a correre
verso il suo amato promesso sposo per sentirlo spirare fra le sue braccia. Il
dolore per lei fu immenso, insostenibile tanto che
morì di crepacuore pochi
giorni dopo. Ora,
nelle calde notti estive, si dice che
il fantasma della
sventurata ragazza, con addosso ancora l’abito nuziale (sul quale pare vi siano
le macchie di sangue dell’amato Uberto), si aggiri fra le mura
del castello di Vincigliata di cui è prigioniera in eterno. Si racconta che il
suo fantasma cammini leggero senza curarsi delle cose terrene. Il castello ha
un suo sito ufficiale: http://castellodivincigliata.it. Oggi non è visitabile,
la sua bellezza la possiamo ammirare solamente quando vengono allestite mostre
al suo interno. Questo maniero viene concesso a privati per organizzare feste e
matrimoni.
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