VERNIO (PO) – Rocca
Nel XII secolo il feudo di Vernio passò in eredità dai Cadolingi ai conti
Alberti di Prato, dopo il 1113, quando i castelli di Vernio e di Mangona
toccarono in eredità alla contessa Cecilia, vedova di Ugo dei Cadolingi, che
sposò in terze nozze il conte Bernardo Tancredi detto Nontigiova degli Alberti
di Prato. Passata nel XIII secolo ai Bardi, la rocca fu dimora estiva per i
ricchi banchieri fiorentini che si trasferivano nei loro possessi per una parte
dell'anno. Fu assediata varie volte: nel 1341 il conte Piero dei Bardi capitolò
sotto l'assedio portato dai soldati della Repubblica Fiorentina e da 200 fanti
mandati dal Comune di Pistoia. Il Castello gli fu restituito nel 1342 dietro
versamento di un'ingente somma di denaro. La Rocca venne a più riprese
manomessa da lavori di fortificazione, come quelli effettuati da Sozzo dei Bardi
nel 1438, nel timore di essere assalito dalle truppe di Niccolò Piccinino,
condottiero del duca di Milano. Sappiamo che nel 1482 fu assalita, espugnata e
saccheggiata dalle bande armate al servizio di papa Sisto IV, nonostante la
fiera difesa fatta dal conte Filippo Bardi. Zona di brigantaggio e contrabbando
in quanto confinava a nord con lo Stato Pontificio, Vernio subì scorribande e
saccheggi da eserciti stranieri. Famosa è rimasta l'invasione spagnola del 1512,
che provocò una grande carestia a causa della quale i Conti Bardi distribuirono
alla popolazione stremata dalla fame farina di castagne, stoccafisso, baccalà e
aringhe. Da qui nacque la "Società della Miseria" che rievoca ogni
anno questo avvenimento la cui ricorrenza era il mercoledì delle ceneri, da
qualche anno spostata alla prima domenica di Quaresima. Famoso personaggio di
Vernio è Vitale da Rimochi, soprannominato il "Diavolo di Rimondeto";
sospesa tra realtà e leggenda, la sua storia parla della difesa di una coppia
di giovani sposi costretti dal Conte all'osservanza dello jus primae noctis
finita con l'uccisione del Conte e la fuga a Roma del Diavolo di Rimondeto al
servizio dell'antipapa. Si dice sia morto da vecchio nella Badia di Montepiano
dove aveva vissuto gli ultimi anni della sua vita come fra Pietro. Nel 1778 il
conte Flaminio dei Bardi fece costruire nella rocca angustissime carceri, alte
appena due braccia, a scopo intimidatorio per debellare la rivolta popolare del
1777. La contea rimase indipendente fino al 1798, quando venne abolita da Napoleone.
Dopo il Congresso di Vienna passò sotto il Granducato di Toscana. Prerogativa
della Contea di Vernio, una volta passata sotto il dominio dei Conti Bardi fu l'autonomia
amministrativa rispetto a Firenze in quanto le tasse venivano pagate
direttamente all'Imperatore a Vienna, questa autonomia decadde soltanto con l'Unità
d'Italia. Nella prima metà dell'Ottocento il Palazzo con i resti delle
fortificazioni della Rocca fu concesso dall'Opera Pia di S. Niccolò di Bari in
enfiteusi a Carlo Gualtieri che dopo averne curato il restauro, ne fece la sua
dimora. La Rocca di Vernio (350 m.) è raggiungibile da una comoda strada che si
stacca dall'abitato di Sasseta, che conduce alla zona nord del castello, dove
rimangono le tracce di una porta demolita nel dopoguerra. Ma il suo naturale
accesso è da uno stradello medievale che parte da San Quirico, nei pressi del
Casone, e che risale il Poggio di Mezzana. Fu la sede comitale del Feudo di
Vernio, prima di proprietà dei conti Alberti poi dal Trecento dei Bardi, noti
mercanti fiorentini. In origine il castello era vasto e ben strutturato per la
difesa, ma successivamente la parte militare fu distrutta a più riprese durante
quelle lotte che afflissero il territorio di Vernio nel XIV e XV sec. I ruderi
sono ancora visibili e da questi si può valutare la vastità del complesso
originale. Attualmente di questa struttura fortificata non restano che le
tracce, anche se si continuano ad indicare come Rocca il Palazzo Comitale ed il
gruppo di case circostanti, all'interno del castello. E' rimasto intatto e ben
conservato il borghetto medievale costituito dalla residenza dei feudatari e da
una Cappella dedicata a Sant'Agata, datata 1556 e
notevolmente rimaneggiata nel 1706 per problemi causati soprattutto
dall'umidità. Attualmente nella cappella si trovano le tombe dei componenti
della famiglia Gualtieri. Oltre il vasto cortile che si apre a fianco della
cappella era il cassero - nella zona più alta del colle - concluso nell'angolo
settentrionale della cinta dal robusto torrione del Maschio, detto il
Roccacino, inizialmente occupato dall'abitazione signorile, dall'archivio e
dalle prigioni, andato progressivamente in rovina tra Settecento e Ottocento.
Si notano anche alcuni elementi fortificati di epoca quattro-cinquecentesca
come una feritoia da arma da fuoco posta nella cortina muraria che guarda la
frazione di Sasseta, costituita da una pietra squadrata con una fessura
particolare che permetteva l'appoggio della canna e la mira. In periodo
rinascimentale, intorno al XV-XVI secolo, al cassero si collegò una nuova ampia
residenza per i conti Bardi, in forme di Palazzo, che si addossò al tratto occidentale
della cinta muraria. Più difficile è ipotizzare l'evoluzione costruttiva
dell'edificio, anche se bisogna ricordare le numerose opere interne (scala,
cornici, solai, affreschi) di epoca settecentesca e ottocentesca. Ancora oggi
la residenza si può ammirare in tutta la sua bellezza, al piano terra si
trovano le cucine e alcune sale, al primo piano un salone con pareti decorate
da tempere con paesaggi e figure che si possono far risalire al primo ottocento
mentre al piano interrato si trovano due locali senza alcuna apertura
sull'esterno, che probabilmente sono i resti delle prigioni dei conti Bardi e
tracce di un camminamento di guardia che forse univa il Palazzo al cassero. Nel
Seicento i Bardi trasferirono il potere comitale nel più comodo ed elegante
Casone, detto dei Bardi, nella piazza di San Quirico. La Rocca è privata
ed è stata oggetto di recenti notevoli restauri. Per la visita è necessario
prendere accordi con i proprietari.
Foto: di Fiorenzo Fallanti su http://www.comune.vernio.po.it
Nessun commento:
Posta un commento