PALAZZO SAN GERVASIO (PZ) – Castello Marchesale
Chiamato anche “Palatium Regium”, risale all’epoca normanna (1050 circa) e
la sua costruzione viene tradizionalmente attribuita a Drogone d’Altavilla o al
fratello e successore Umfredo. In origine aveva forma quadrata, tipica degli
edifici militari normanni, con due torrioni ai lati a pianta quadrata che, purtroppo,
con il tempo e l’opera vandalica degli uomini, sono andati completamente
distrutti. Vi erano anche quattro bifore e una trifora centrali simili ad una
loggia, che ancor oggi si possono scorgere, anche se murate; in seguito il
primitivo disegno architettonico fu completamente modificato. Il nucleo
primigenio doveva servire al controllo di una parte della valle del Basento,
essendo stato eretto in cima a un colle, a circa 500 metri di altitudine, a
dominio di una piana aperta verso il Gargano e la Murgia pugliese. Intorno
all’originario impianto fortificato si costituì pian piano un piccolo
caseggiato, che può essere considerato l’embrione del rione oggi chiamato
Spirito Santo, dove alla fine del Cinquecento c’era ancora una chiesa dedicata
al santo martire Gervasio. Il castello fu prima destinato a residenza di
campagna dei principi normanni e in seguito come luogo di caccia e di svago
degli Svevi. Il suo riattamento fu quasi certamente fatto eseguire su progetto
dell’imperatore Federico II che, oltre ad essere un grande condottiero ed un
sagace ed accorto politico, fu pure un valente ingegnere. Egli fece trasformare
il maniero che gli doveva servire prima come luogo di caccia - che era il suo
hobby preferito - e dopo come posto ideale - a causa dei ricchi pascoli ivi
esistenti - per l’allevamento della razza dei cavalli, cosiddetti murgesi,
allora molto richiesti, e specie quella dei cavalli arabi che l’augusto
sovrano, tra le altre, preferiva. In queste scuderie venivano anche
selezionati, a cura di un magister aratiarum, i superbi stalloni di razza reale
che facevano spicco durante i fastosi cortei imperiali. Ma il castello fu più
frequentato e divenne molto più celebre al tempo di re Manfredi (1232-1266),
figlio naturale di Federico II e di Bianca Lancia, il quale, dopo la vittoria
conseguita durante la battaglia di Foggia, nell’estate del 1255, vi soggiornò a
lungo. Infatti il valoroso principe, ancora ventitreenne, in quel castello,
dopo la suddetta vittoria sull’esercito pontificio comandato dal cardinale di
Santa Maria in Lata, Ottaviano degli Ubaldini, legato del papa Alessandro IV (considerato
a torto dall’opinione pubblica del tempo come il traditore della causa guelfa
per aver stipulato, dopo la sconfitta di Foggia, un trattato con Manfredi in
cui egli assecondava i disegni del principe a discapito della causa pontificia),
si ritirò con il suo seguito per ristorarsi dalle fatiche della guerra. Il
luogo, del resto, era ameno per la salubrità dell’aria e per la copiosità delle
acque limpide e salutari ma, tra i sollazzi della caccia al cinghiale, al cervo
e al daino e i refrigeri del bosco vicino, il giovane principe si ammalò molto
probabilmente di malaria tanto che fu prossimo alla morte per poi riuscire a
ritrovare la salute e la serenità. La battaglia di Benevento del 1266 segnò
l’avvento degli Angioini nel Mezzogiorno e la trasformazione definitiva della
residenza di Palazzo San Gervasio in scuderia per l’allevamento dei cavalli
reali, sotto la custodia di Nicola Frezzario di Venosa (un ex scudiero di
Manfredi, passato dalla parte dei francesi a garantire la funzionalità del
palatium
regium et defensas Sancti Gervasii). Ancora nel 1280, un documento cita la
maristalla
Sancti Gervasii, laddove avrebbe dovuto recarsi il re Carlo d’Angiò in
persona, con l’intera sua corte al seguito, dopo i lavori di ristrutturazione
predisposti dal 1275. Col regno di Carlo II lo Zoppo, il castello venne
affidato a Filippo di Grandiprato, per poi passare nel 1334 a Bertrando del
Balzo, principe di Altamura, regnante Roberto d’Angiò. In seguito, sotto
Giovanna I, le difese regie presero a essere trasformate in feudi, secondo un
procedimento adottato anche da Carlo III d’Angiò Durazzo e da Ladislao.
Pertanto, nel XV secolo la regina Margherita poté acquisire il tenimento di
Palazzo San Gervasio, con il relativo castello e la terra di Stigliano. Nel
1434, Giovanna II infeudò il territorio alla nipote e cugina Covella Ruffo, la
bellissima moglie del duca Giovanni Antonio Marzano, contessa di Montalto, Squillace
e Alife. Stando alle dicerie popolari, Covella era un personaggio eccentrico e
stravagante, che non disdegnava di abbandonarsi ai piaceri della carne con
uomini bassi e grossi, che assillava i medici affinché le prescrivessero
pozioni adatte a conservare fascino e beltà, e che usava starsene per ore e ore
appollaiata sugli alberi nei giorni di noia. All’epoca di Ferdinando il
Cattolico, il castello di Palazzo San Gervasio tornò alla corte regia di
Napoli, per essere concesso a Nicola Maria Caracciolo, marchese di
Castellaneta, nel 1507. I numerosi e successivi passaggi di proprietà
contribuirono parzialmente a preservare il castello dalla rovina, tanto che nel
1897 il Bertaux poteva descrivere la fabbrica federiciana come ben salda nelle
mura, possente nelle torri angolari e dotata di una conformazione
architettonica interna chiaramente leggibile nella disposizione del cortile,
del porticato per il ricovero dei cavalli e delle scuderie. Il castello possiede
un impianto icnografico quadrangolare, con torrioni d’angolo e un cortile
centrale intorno al quale si sviluppano i vari ambienti, posti su tre livelli.
L’impianto e le soluzioni architettoniche del maniero risultano notevolmente
compromesse dai rimaneggiamenti che si sono verificati soprattutto nell’ultimo
secolo, quando l’edificio è stato usato per alloggiarvi botteghe e ricavarvi
abitazioni, dopo aver ospitato anche un carcere. L’accesso all’imponente
fortilizio è marcato da un ampio portale con arco a tutto sesto, piuttosto ben
conservato, che attraverso un passaggio scoperto introduce alla corte interna.
Intorno al cortile si dispongono dei portici e gli ambienti utilizzati per le
scuderie regie. Di fronte all’ingresso, una scalinata esterna consente di
salire al primo piano, occupato da una serie di appartamenti che, pur essendo
stati risistemati nel corso dei secoli, lasciano a tratti intravedere le
antiche coperture piane a travi in legno e le volte a botte. Al secondo piano si
trovano invece dei grandi ambienti che denunciano la loro funzione medievale di
saloni di rappresentanza. Qui si apriva un bel loggiato a bifore e trifore, che
attualmente appare murato, ma che una volta doveva consentire l’affaccio sulla
vallata sottostante. Sulle ali del prospetto castellare si notano tuttora i
resti di un paio di torri quadrate, poste agli angoli di una possente
fortificazione che l’amministrazione comunale odierna ha in animo di
ristrutturare e valorizzare in qualità di bene culturale. Nel XVII secolo,
quando il castello apparteneva alla Principessa di Fondi, Donna Costanza, lo
stesso era arredato sontuosamente con splendidi arredi e dipinti di celebri
artisti; molte di tali opere furono successivamente acquistate da Camillo
D'Errico che, sindaco di Palazzo San Gervasio per oltre trenta anni, in tal
modo iniziò la costruzione della raccolta d'arte "Pinacoteca
D'Errico". Attualmente la fortificazione è in fase di restauro e si spera
possa tornare al più presto visibile al pubblico. Per altre notizie potete
leggere qui: http://www.palazzosangervasio.net/index.php?option=com_content&view=article&id=22&Itemid=95
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