LIVINALLONGO DEL COL DI LANA (BL) – Castello di Andraz
Arroccato su uno sperone (un enorme masso staccatosi dal gruppo dolomitico
del Settsass), al confine tra il Patriarcato di Aquileia e la Diocesi di
Bressanone, dominava le vie che passavano per il Falzarego, in particolare
quelle da sud (Belluno e Agordo), da ovest (Bressanone e Val Badia) e da nord (Ampezzano).
In stretta comunicazione con altri fortilizi (Rocca Pietore, Selva di Cadore,
Avoscan), faceva parte di un sistema che garantiva quindi il totale controllo
sui traffici tra Agordino e Val Pusteria. E
ra posto a difesa,
tra l'altro, anche delle fonderie e della strada dove transitava il ferro
scavato nelle miniere del Monte Pore. Il materiale subiva una prima lavorazione
presso il castello, per poi essere trasportato in tutta Europa. La qualità del
ferro era ottima e permetteva di produrre spade molto pregiate. Furono
utilizzate perfino in Scozia nelle ribellioni del XIII secolo narrate nel film
"Braveheart" di Mel Gibson. I primi riferimenti storici sul
maniero sono successivi all'anno 1000. Con ragionevole certezza una costruzione
esisteva già prima del 1027 quando Corrado II il Salico donò ai Vescovi di
Bressanone un vasto territorio tra Livinallongo e Colle Santa Lucia (nome
recente raggruppante alcuni paesotti a sede comunale), ma non il castello e le
sue pertinenze. Si ipotizza un castelliere o un mansio di fattura tardo-romana
e la riedificazione, poco prima del 1000 (dopo le successive ondate barbariche
che sicuramente distrussero il preesistente manufatto), ad opera di una potente
famiglia locale, i Pouchenstein, per contrastare le dispute con i confinanti
arroccati sui castelli di Avoscan e Rocca Pietore. Un erede di questa potente
famiglia, nel 1200, vendette il castello con le pertinenze ed il territorio
circostante al Principe-Vescovo di Bressanone Conrad Von Rodenegg, ma solo nelle
documentazioni relative al 1221 troviamo delle notizie più precise. In
quell'anno, il vescovo di Bressanone lo diede alla famiglia feudataria Schoneck
(italianizzata in Colbello). Paul e Nicolaus Schoneck, nipoti del vescovo, compirono
atti indicibili ed orrendi delitti e tiranneggiarono la popolazione locale.
Fu costretto all'intervento armato pure
il Conte del Tirolo che deferì i due 'bravi' e li costrinse all'esilio e
confiscò tutti i loro beni nelle circostanti valli, ma non il castello che rimase
comunque a disposizione della famiglia Schoneck che di fatto si impossessò dei
diritti dell'illustre vescovo. Probabilmente per necessità economiche nel 1331
i diritti d'uso, ma non la proprietà, che nominalmente apparteneva ancora ai
Vescovi di Bressanone, vennero ceduti alla famiglia Passò e poi agli Avoscano,
sempre vassalli dei vescovi-conti. Nel 1350 il castello venne assediato ed
assaltato con successo da Corrado Gobel che mise in fuga gli Avoscano e consegnò
castello e diritti al legittimo proprietario, il Vescovo. Seguì un periodo in
cui il feudo venne concesso ad alcune nobili famiglie, tra cui gli Stuck, i
Wolkenstein ed i Villander, che lo usarono più come 'residenza di
villeggiatura' e per il controllo delle attività agricolo-pastorali locali che
per veri e propri fini militari. Dal 1416 il vescovo si riservò la gestione
'diretta' del manufatto e del feudo circostante, ed insediò una propria
guarnigione militare con un capitano alla proprie dipendenze. Il castello venne
usato regolarmente dai Vescovi per 'villeggiatura' ma serviva, e abbastanza
spesso, come sicuro rifugio in caso di situazioni di pericolo nelle numerose contese
con gli scomodi vicini, primo tra tutti il Conte del Tirolo, o durante le
numerose guerre come nella 'guerra dei contadini' del 1525. Nei periodi
tranquilli invece, venivano ospitati illustri personaggi e serviva da dimora di
rappresentanza (il vescovo-filosofo Nicola Cusano, ad esempio, scelse il sicuro
castello per passare lunghi soggiorni). Nel XVI secolo l'importanza della
fortezza crebbe ulteriormente, vista l'apprensione dei vescovi nei confronti
della politica espansionistica della Serenissima, che volgeva ora gli interessi
verso l'entroterra. La zona dolomitica era infatti particolarmente ricca di
risorse naturali, specialmente di legname e minerali, in parte estratti proprio
a pochissima distanza dal castello. Con la chiusura delle miniere nel 1755 il
castello perse molto potere. Dopo l'uragano napoleonico, nel 1803 l´ultimo
Capitano Johann Lindner di Bressanone lasciò il castello, il Principato dei
Vescovi di Bressanone venne soppresso, le proprietà secolarizzate ed
assoggettata definitivamente l'intera regione. Il castello divenne proprietà
del governo austriaco. Privo di qualsiasi altra funzione strategica e
relativamente in cattivo stato di manutenzione, nel 1808 fu venduto ad un
privato locale che lo vide più come una specie di 'miniera' per ricavarne
materiali da costruzione e legname piuttosto che un 'bene culturale'. Il
castello poco dopo il 1850 venne in parte demolito, le travature usate come
materiale da costruzione per le case o addirittura come legna da ardere e così
pure trovò miserevole fine la grandissima, e probabilmente preziosissima, mole
di suppellettili, mobilia, quadri e la notevole dotazione di materiale storico
e cartaceo, serviti per anni ad accendere i fuochi delle stufe e dei caminetti
delle case circostanti, come raccontano leggende locali. L'edificio, ormai abbandonato,
venne gravemente danneggiato durante la prima guerra mondiale; fu infatti
bombardato dagli Austriaci poiché era
divenuto accasermamento di truppe italiane. Davvero caratteristica la sua
struttura architettonica, dovuta al fatto che sorge appunto su uno sperone
roccioso. Alla rocca si accedeva solo da una rampa di pietra (oggi in parte
recuperata) che metteva in comunicazione i vari piani sovrapposti. Per i
rifornimenti, si ricorreva per questo all'uso di un argano. Attorno allo
sperone si trovava una cinta muraria la quale, oltre alle chiare funzioni
difensive, permetteva di ricavare anche uno spazio per le stalle. Sui resti
delle mura, sono ancora visibili le mensole su cui poggiava il ballatoio utile
alle ronde. Presso l'ingresso principale si trovava infine una cappella
cinquecentesca (dedicata a San Raffaele), il cui prezioso altare ligneo è oggi
conservato presso la chiesa della vicina Andraz. Il castello fu più volte
restaurato. L'intervento più rilevante fu il recupero del 1484-1488 seguito ad
un incendio. In tale occasione, a scapito delle funzioni militari, sempre meno
utili, furono potenziate quelle amministrative, curando in particolare gli
aspetti ad uso residenziale. Altri interventi furono quelli del 1516, in seguito
ad un ulteriore rogo, e del 1599. La
Soprintendenza
per i Beni Ambientali e Architettonici del Veneto Orientale ha
recentemente condotto un'imponente e avanguardistica opera di restauro dei
resti del monumento, che
si integra straordinariamente con il
paesaggio circostante, arricchendo l'atmosfera con echi di un passato lontano.
L'inaugurazione ufficiale si è tenuta nel giugno 2012, con la presenza di
numerose autorità. Vi è sito dedicato al maniero: http://www.castellodiandraz.it/
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