TRANI (BT) - Castello di Federico II
(di Mimmo Ciurlia)
La fama di Federico II di Svevia è legata soprattutto alla
costruzione dei castelli, dislocati sulla base di un razionale programma
di difesa militare e di gestione territoriale. Sebbene nella maggior
parte dei casi non si sia trattato di fondazioni ex novo ma di
interventi di ristrutturazione di insediamenti normanni, il rigore
dell'impostazione planimetrica ha impresso un'impronta così marcata alle
strutture preesistenti da annullarle quasi completamente. Il
castello dì Trani è uno dei più importanti e dei meglio leggibili tra
quelli fatti erigere dall'imperatore svevo. Sorge a breve distanza dalla
celebre Cattedrale, in riva al mare, al centro di una rada i cui bassi
fondali costituirono sempre un'ottima difesa sia dalla furia delle onde
che da eventuali attacchi su quel fronte; la sua posizione a margine
della città e la spettacolare altezza delle sue torri gli consentivano
di sorvegliare l'ingresso del porto e le vie di a
ccesso
all'abitato. Su modello dei castelli crociati di Terra Santa, ha un
semplice e funzionale impianto quadrangolare con vasto cortile centrale,
quattro torri quadrate agli spigoli, rivestimento a bugne rilevate,
merlatura piana; fu cinto da un antemurale - un muro fortificato, un
tempo internamente percorribile e munito di freccere - che ne ribadisce
ancora il perimetro, determinando tre cortili minori, e da fossato
acqueo inondato dal mare. Due iscrizioni marmoree sovrastano gli antichi
ingressi, aperti entrambi nel fronte occidentale, rispettivamente nella
cortina del castello e nell'antemurale, datandone la costruzione, nel
mese di giugno del 1233; la seconda afferma che, per ordine imperiale
nel 1249, furono realizzati, il muro di cinta ed una fortificazione
avanzata. Ad una delle due torri sul mare, nel 1240, Federico II fece
impiccare, a vista delle navi veneziane, ree di aver devastato le coste
pugliesi, Pietro Tiepolo, podestà di Milano e figlio del Doge di Venezia,
catturato durante la battaglia di Cortenuova. Nel castello di Trani Manfredi, figlio di Federico II, il 2 giugno del 1259 vi sposò la
seconda moglie Elena d'Epiro e fu ancora in questo maniero che, nel
1266, dopo la sconfitta e la morte di Manfredi a Benevento, la giovane
regina venne catturata con i suoi figli da Carlo I d'Angiò. Nozze
fastose vi furono celebrate anche in età angioina, quelle
dello stesso Carlo con Margherita di Nevers, nel 1268, e del principe
Filippo con Isabella Comneno, nel 1271. Qui fu tenuta prigioniera, dal
1268 alla morte (1279), Siffridina, contessa di Caserta, che aveva
favorito la sfortunata discesa di Corradino dì Svevia e taciuto fino
alla fine i nomi dei congiurati. Conservando inalterata la valenza
strategica della posizione, nel XVI secolo, con l'avvento delle armi da
fuoco, il castello venne adeguato alle nuove tecniche difensive.Ferdinando
de Alarcon, fortificò nel 1533 l'ala sud del
castello, cimando le due torri contigue, sostituendo la merlatura
balistica a quella piana medievale, costituendo a ridosso dell' antica
cortina un cospicuo terrapieno attraversato da una doppia fila di
cannoniere, dopo aver demolito le strutture medievali preesistenti ed
una loggia federiciana sul fronte opposto del cortile centrale. La
trasformazione della cortina meridionale del castello in un massiccio
fronte di fuoco comportò la distruzione dell' insediamento francescano
di S.Pietro, ricadente nel raggio di azione delle artiglierie; parte del
materiale proveniente dalle demolizioni attuate all'interno e
all'esterno del castello fu riversata nel terrapieno o impiegata nello
stesso edificio come materiale da costruzione; esemplare è la lunga
scala a chiocciola che percorre l'intera ala sud, realizzata con lastre
funerarie opportunamente sagomate, che tradiscono la provenienza dal
pavimento della chiesa distrutta. Poco più tardi (1540 -1541), la
costruzione di
due bastioni, uno a bec d'aperon e l'altro a pianta quadra, rafforzò a
sud-ovest e a nord-est gli opposti spigoli del complesso castellare,
proteggendone a fuoco radente tutti i lati; nello stesso tempo determinò
la scomparsa delle difese agli antichi portali nei fronti ovest e sud
dell'antemurale, consistenti in due rivellini, il secondo dei quali
realizzato nel 1495, nonché, l'inversione dell'accesso al castello. Il
fortilizio coprì ininterrottamente il suo ruolo di presidio militare, ad
eccezione degli anni 1586-1677, quando fu sede della Sacra Regia Udienza
della provincia di Terra di Bari. Nel 1799 vi furono rinchiusi e trucidati i nobili idealisti tranesi, i cui corpi vennero gettati in mare. Nel
1831, per ordine di Ferdinando II di Borbone, sgombrato delle
artiglierie, il castello passava dal Ministero di Guerra e Marina al
Ministero degli Interni. Nel 1842 fu eretta al centro del cortile
centrale una cappella esagona; tra
il
1842 ed 1843 furono realizzati i camminamenti su arconi e pilastri che
percorrono tre lati del cortile centrale ed il fronte nord del castello,
sul mare; al 1848 risalgono l'orologio e la piccola torre che lo
contiene, innalzata sul prospetto orientale per essere trasformato in
Carcere Centrale Provinciale. Cessata nel 1974 la funzione detentiva,
nel 1976 l’edificio venne consegnato alla Soprintendenza per i Beni
AAAS della Puglia che nel 1979 ne avviò i restauri per poi aprirlo
finalmente al pubblico il 5 giugno 1998. Si racconta nel castello
viva da tempo il fantasma di Armida, una bella donna dai fluenti capelli
scuri e da profondi occhi azzurri. La storia narra che Armida si
innamorò di un cavaliere, ma venne scoperta da suo marito che dopo aver
pugnalato il suo giovane amato, in preda alla follia, rinchiuse Armida
in una cella nei sotterranei del castello e lì la povera e bella donna
si lasciò morire. Da allora il suo fantasma vaga per i
l
castello alla ricerca di quell' amore. Apparendo agli ignari turisti
e per nulla paurosa della loro presenza sembra che Armida si lasci
avvicinare e farsi sfiorare e agli occhi di questi appare sempre con i
suoi meravigliosi occhi azzurri e con un vestito grigio chiaro dalla
stoffa impalpabile quale seta. Questa storia non è diversa da tante
altre dello stesso genere, ma sembra che a questa si sia ispirato
Eduardo De Filippo per costruire la trama di una delle sue più famose
commedie, "Questi fantasmi". Anche qui la vittima è murata viva, ed anche qui la donna si chiama Armida.
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