GIOIA DEL COLLE (BA) - Castello Normanno-Svevo
(di Mimmo Ciurlia)
Il Castello Normanno-Svevo di Gioia del Colle, il meglio conservato
dei castelli di Puglia, si eleva al centro dell'insellatura che divide
le Murge orientali da quelle occidentali, a difesa e controllo del
territorio e delle direttrici di comunicazione tra l'Adriatico (Bari) e
lo Jonio (Taranto) ed è il risultato di almeno tre interventi
costruttivi: uno risalente al periodo bizantino, un altro a quello
normanno e l'ultimo a quello svevo. Fu edificato intorno al 1100 dal normanno Riccardo Siniscalco, fratello del più noto Roberto il Guiscardo su
un primo nucleo costruito dai bizantini verso la fine del IX sec.,
costituito da un recinto fortificato in conci lapidei e concepito come castello
rifugio, cioè un luogo in cui la popolazione locale trovava riparo
contro le scorrerie nemiche. Successivamente la
fortificazione fu modificata da Ruggero II e poi dall'imperatore
Federico II di Svevia intorno al 1230, al suo ritorno dalla Crociata in
Terra Santa, epoca in cui si presenta con un cortile quadrangolare,
saloni e stanze che si affacciano su di esso, ed è delimitato da quattro
torri angolari, rivolte ai quattro punti cardinali. Delle quattro
torri angolari originarie, di cui si parla nell'apprezzo della Terra di
Gioia, sia dell'architetto e tabulario Honofrio Tangho del 1640 che di
Gennaro Pinto del 1653, oggi possiamo ammirarne solo due: quella De'
Rossi e quella dell'Imperatrice. Le cortine e le torri presentano
all'esterno bugne a bauletto. La cinta muraria è caratterizzata da un
paramento fortemente bugnato sulla quale si aprono numerose monofore,
oculi e feritoie, disposti in maniera disordinata, confermando le
diverse fasi costruttive. Con tale struttura il castello di Gioia si
inseriva in quel sistema di fortificazioni che, partendo da
Lucera e giungendo fino ad Enna, rispondeva al disegno di Federico II, ossia il controllo e la difesa militare delle terre più
importanti del suo regno in Italia Meridionale. La leggenda vuole che
nel castello di Gioia nacque Manfredi, da Federico II e Bianca Lancia,
che il sovrano fece uccidere perché rea di tradimento.Il castello fu
proprietà dei Principi di Taranto fino al 400, dei Conti di Conversano
fino al 600 e dei Principi di Acquaviva fino agli inizi dell' 800. Nel
'600 venne trasformato da costruzione militare in dimora residenziale
ed adattato alle nuove esigenze abitative, con apertura di monofore,
bifore e trifore sia nel cortile interno che sulle cortine esterne,
mantenendo intatto il suo impianto strutturale. Nel 1884 fu acquistato
dal canonico Daniele Eramo e, in seguito a numerose trasformazioni, fu
adibito come sede di abitazioni e di depositi. Il castello possiede
due ingressi: uno principale a ponente, l'altro al centro del lato sud,
entrambi caratterizzati da una corona di elementi bugnati a raggiera. Varcato
il portone d'ingresso con
il suo
arco ogivale si accede ad un vasto cortile dalla forma trapezoidale dove
si aprono eleganti monofore, bifore e trifore. Di grande prestigio è la
scalinata che porta agli ambienti del piano superiore, che presenta dei
bassorilievi rappresentanti animali e scene di caccia. Al centro del
cortile c'è una capiente cisterna per la raccolta di acqua. Dal
cortile si accede ai locali a piano terra, un tempo adibiti a depositi,
scuderie e dimora dei domestici ed oggi utilizzati come sede del Museo
Archeologico Nazionale. Da un ingresso posto sul lato sud del
cortile si accede alla sala del forno, così chiamata per la presenza di
un grande forno, sulla cui struttura è poggiata una delle torri
superstiti, quella detta dell'Imperatrice. Sotto il forno c'è un
piccolo sotterraneo, utilizzato un tempo come prigione. Sulla parete est
della prigione sono scolpite due protuberanze a forma di seni. La
leggenda vuole siano
i seni
che ricordano il martirio di Bianca Lancia. La leggenda narra che qui
sia stata rinchiusa, per sospetto adulterio lei, l'amante prediletta di
Federico. Durante la prigionia, dette alla luce
Manfredi colui che, pur se figlio illegittimo, fu il prediletto
dell'imperatore e divenne il suo successore come sovrano dell'Italia
meridionale, divenendo l'ultimo re svevo del Mezzogiorno. Ma la
sensibile principessa non poté resistere all'umiliazione dell'accusa e
vinta dal dolore, dopo il parto, si recise i seni e li inviò
all'imperatore su di un vassoio assieme al neonato, indi si lasciò
morire. Al termine della scalinata del cortile si accede alla sala
del trono, così chiamata perchè in fondo alla parete sud è appoggiato
un trono in pietra, ricostruzione del Pantaleo. L'arco posto verso la
parte terminale della sala, aveva il compito di creare una divisione
tra la zona "riservata", quella
del
trono, dall'ambiente destinato alle udienze, ai sudditi, come è
dimostrato anche dalla presenza di sedili in pietra presenti in
quest'ultimo ambiente. Nella sala sono presenti anche un camino e un'apertura che conduce in cima alla torre De' Rossi. Dalla
sala del trono si accede alla sala del caminetto, così chiamata per la
presenza di un camino di dimensioni più ridotte rispetto a quello della
sala precedente e di minor pregio dal punto di vista architettonico. Questa
sala, di dimensioni ridotte rispetto alla sala del trono, presenta delle
aperture anche sulla cortina esterna e, a differenza della prima, prende luce quasi esclusivamente dalle bifore e trifore che si
affacciano sul cortile interno. Era sicuramente utilizzata dalla regina e dalle cortigiane, che trascorrevano in quell'ambiente gran parte della giornata. Da questa sala si accede, attraverso una scala interna a quella che era utilizzata probabilmente come
stanza da letto dei sovrani. Attraverso questa sala si accede
all'altra torre che è rimasta in piedi, quella detta dell'Imperatrice,
meno alta della torre De' Rossi, che si trova sulla proiezione verticale
della prigione e del forno. Agli inizi del 900 il castello fu acquistato dal
marchese di Noci, Orazio De Luca Resta,che successivamente ne propose la
donazione al Comune di Gioia del Colle. Sempre agli inizi del 900 subì un pesante restauro che interessò particolarmente la scalinata, le trifore e il trono. Nel 1955 il Ministero della P. I. acquistò il castello, assai malridotto, e lo dichiarò Monumento Nazionale. Alla
fine degli anni '60 furono ripulite le pareti esterne ed interne,
contribuendo a rendere vivibile il maniero, sia come monumento da
visitare sia come luogo fruibile per attività culturali e sociali a
favore della cittadinanza.
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