ENNA – Torre di Federico II di Svevia
Posta in cima a un dosso dell'altopiano di Enna, a oltre
950 m d'altitudine, rappresenta, assieme al Castello di Lombardia, il
maggiore simbolo architettonico della città un tempo chiamata Castrogiovanni (che
grazie all'antichissima fortezza erettavi tremila anni or sono dai Sicani, fu
definita dai Romani l'Urbs Inexpugnabilis), nonché il suo più imponente baluardo militare dell'età
medievale. Essa fa parte del complesso militare chiamato “Castello Vecchio”, di cui oggi si
hanno alcuni resti. Sia il castello che la torre erano le "vedette"
l'uno del settore orientale della mitica città imprendibile dell'epoca, l'altra
di quello occidentale, a quel tempo disabitato. A collegarli fu attiva per
lunghi secoli una suggestiva galleria scavata nella roccia sotto la città, che,
avendo ingresso (oggi chiuso per ragioni di sicurezza) al Castello di
Lombardia, sbuca sul dosso sul quale si eleva la Torre: una funzione militare
d'indiscutibile rilievo, cui subentrò, nel 1943, quella di rifugio ideale e al
limite del leggendario per il popolo ennese che cercava rifugio dai
bombardamenti alleati. La torre fu progettata alla corte di Federico II,
secondo tradizione fu un'opera di Riccardo da Lentini e residenza estiva
dell'imperatore svevo, prediletta dal sovrano durante le sue permanenze in
Sicilia, che ivi convocò il primo Parlamento Siciliano, evento replicato nel
'400, due secoli più tardi. Le sue origini, secondo recenti studi, risalgono
alla metà del XIII secolo, ovvero all'età di Manfredi, fattore quest'ultimo che
avvalora la tesi che a volerla e ad abitarvi fu il Federico svevo piuttosto che
l'omonimo aragonese. Altro argomento a sostegno dell'origine sveva del
monumento è l'inconfondibile impianto geometrico che caratterizza gli altri
castelli di Federico II di Svevia, di cui la Torre di Enna a detta di numerosi
esperti, è un mirabile esempio. La lunga storia della torre federiciana, oggi di proprietà demaniali,
rimane quasi interamente sconosciuta. Durante la sollevazione del 1354, contro
re Federico II d'Aragona, sappiamo che venne utilizzata quale sicuro rifugio
dai partigiani del Chiaramonte. Re Martino poi ne creò castellano tale Filippo
Polizzi che succedette ad Antonio Grimaldi ed in seguito (1457) il Re Alfonso V
d'Aragona la assegnò al cittadino ennese Pietro Matrona, creandolo castellano,
con tutti gli onori ed oneri della carica, ma riservandosene i diritti reali. L’edificio
ha rivestito in passato una funzione di primissimo piano come punto di
riferimento geodetico per tutta la Sicilia. Fonti storiche accertano che gli
antichi astronomi abbiano disegnato proprio dalla cima della Torre ennese il
sistema viario siciliano nonché la suddivisione amministrativa vigente nel
medioevo, nelle tre "valli". Un altro aspetto carico di significato
simbolico che aleggia sulla severa struttura, riguarda la disposizione delle
sue feritoie, che, assumendo un tracciato a croce latina, rappresenterebbero
ciascuna antichi castelli e rovine della Sicilia. La torre è un perfetto prisma
ottagonale con larghezza massima m 17, lati di m 7,05 ed altezza attuale (la
torre è capitozzata) di m 27,30; l’esterno è realizzato in apparecchiatura di
blocchetti calcarei regolari alti circa 25 cm. La forma ottagonale, non casuale,
è derivante dalla rotazione di un quadrato che rappresenta la rosa dei venti. Alla
distanza di 21 metri la torre è circondata da una cinta muraria anch’essa a
pianta ottagonale della quale si sono conservati solo alcuni tratti. Delle otto
facce del solido geometrico solo due appaiono totalmente cieche. Le altre sono
animate da monofore e feritoie (sette sono allineate verticalmente lungo tutta
la parete in corrispondenza dell’originaria scala a chiocciola interna) e da
due ampie e bellissime finestre con cornici a bastoni spezzati che si aprono al
piano nobile rispettivamente sul lato nord-nord ovest e sul lato sud-sud est.
L’accesso all’interno è possibile mediante una porticina archiacuta al piano
terreno (lato sud-sud est) ma doveva avvenire normalmente mediante una porta
aprentensi in corrispondenza della scaletta interna, fra la seconda e la terza
feritoia, alcuni metri in elevato rispetto al piano di calpestio. All’interno
la torre è suddivisa in tre piani, l’ultimo dei quali tronco e privo di più di
metà dell’elevato e quindi della copertura. il piano terreno è costituito da
un’unica stanza ottagona illuminata da tre monofore strombate e coperta da
volta ad ombrello con costoloni ad angolo abbattuto poggianti su mensole a
piramide rovesciata con cornice, scozia fra due tori, listello abaco e
peduccio. La
stanza rimane, come scrisse l'Agnello, «anche nelle giornate luminose in una
penombra che accresce la solennità del luogo». Al centro di detta stanza una
apertura circolare sarebbe stata l'ingresso di un lungo sotterraneo che lo
avrebbe collegato con il poderoso castello di Lombardia. Si ripete
all’interno il paramento in blocchetti tendente all’isodomia. La scala a
chiocciola di collegamento con il primo piano è inserita negli spessori delle
pareti ovest-sud ovest; scomparsa nel XVIII secolo la scala originaria, essa è
stata ricostruita in calcestruzzo. L’ambiente del piano nobile è realizzato in
analogia con il piano terra: è un vano ottagonale con volta ad ombrello
costolonata poggiante però, questa volta, su semicolonne con basi ioniche e
capitelli - molto rovinati - a foglie. L’ambiente è illuminato dalle due grandi
finestre con cornici a bastoni; questo tipo di decorazione, che nel passato
aveva fatto datare queste aperture al XV secolo, si ritrova in realtà come
segnalato di recente da Bellafiore - anche a Castel del Monte e può quindi
rientrare nel repertorio decorativo dell’architettura sveva. Nel lato nord-nord
est è ricavata, in un ambiente a gomito, una latrina. Il vano della terza
elevazione, anch’esso ottagonale e accessibile sempre mediante la scaletta a
chiocciola, si presenta cimato ad un’altezza di circa 3 m. La presenza
dell’imposta nascente di quattro costoloni disposti secondo i punti cardinali
permise ad Agnello di ipotizzare una copertura a volta emisferica con oculo
vuoto al centro: il recente ritrovamento della serraglia fra le macerie del
piano semidistrutto fa però escludere l’ipotesi affascinante di un ultimo piano
aperto a mo’di specola. È indubbio il fascino di questo edificio costruito in
quello che era considerato il centro della Sicilia e con pianta ottagonale,
com’è ben noto, dalla forte valenza simbolica. Evitando in questa sede
qualsiasi possibile speculazione su questo aspetto del monumento, si sottolinea
soltanto come donjons ottagonali o comunque poligonali siano relativamente
frequenti in Francia, Inghilterra, Germania ed in particolare nel Kernland
degli Staufen, l’Alsazia fra XII e XIII secolo. Si ritiene che gli influssi
orientali siano, nel torrione di Enna, inesistenti. Esso è piuttosto uno
splendido donjon di tipo nordico piantato quasi nel centro geografico
dell’isola. L’ambiente naturale, lo stesso clima di Enna esaltano ancora di
più, per molti giorni l’anno, il fascino settentrionale della torre. Immersa
spesso nella nebbia, a volte visibile solo a distanza di pochi metri, essa è
realmente un frammento di Europa gotica caparbiamente ancorato all’acrocoro
roccioso di Enna. Secondo una leggenda, vi é una notte ben precisa, ogni anno
la stessa, in cui si può sentire Federico II lanciare il suo cavallo al galoppo
lungo il viale antistante la torre. La galoppata si protrarrebbe per circa un
chilometro e lo scalpiccìo prodotto dal cavallo sarebbe nettamente udibile in
tutta la sua imponenza per poi attenuarsi con una decelerazione e rientrare
alla torre al passo. Gli zoccoli del cavallo battono ritmicamente sull'asfalto
facendo presumere una corsa sfrenata a briglia sciolta. Nessuno ha mai visto
questo fantasma, ma il fenomeno è stato udito da più persone contemporaneamente
anche in tempi recenti. Per ulteriori approfondimenti segnalo il seguente link:
http://digilander.libero.it/ipercultura/torre-enna.htm
Fonti: http://www.iccd.beniculturali.it/medioevosiciliano/index.php?it/112/catalogo-generale/13
(da un testo di Ferdinando Maurici), http://it.wikipedia.org,
http://www.fantasmitalia.it, http://www.siciliasud.it
Foto: da iccd.beniculturali.it e una
cartolina della mia collezione
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