LAZISE (VR) – Castello Della Scala
E’ una rocca medievale di epoca scaligera posta a difesa dell'antico borgo
lacustre di Lazise. Le sue origini risalgono al IX secolo, quando gli abitanti
del borgo eressero delle prime difese per proteggersi dalle invasioni degli
Ungari, e fu completato sul finire del secolo successivo, come dimostra il
privilegio concesso nel 983 dall'imperatore del Sacro Romano Impero Ottone II,
nel quale egli diede facoltà alla popolazione locale di completare le proprie
difese, nonché diritti di pesca e di pedaggio. Nel 1193 il castello e l'abitato
passarono sotto il governo del libero Comune di Verona e quindi, qualche anno
più tardi, sotto la Signoria degli Scaligeri, che in città avevano ormai
accentrato nelle loro mani il potere: Alberto II e Mastino II della Scala nel 1329
ristrutturarono le mura del borgo, intervallandole da una ventina di torri
scudate, mentre la ricostruzione della rocca venne iniziata da Cansignorio nel
1375 e ultimata da Antonio e Bartolomeo II nel 1381; Lazise divenne così un
caposaldo dello scacchiere fortificato occidentale veronese. Il castello subì,
nel corso della storia, diversi assedi: nel 1387, quando ormai la vita della
Signoria Scaligera era quasi giunta a conclusione, gli eserciti nemici di Gian
Galeazzo Visconti, Francesco I Gonzaga e Francesco I da Carrara accerchiarono
Lazise che, fedele agli Scaligeri, chiuse le porte cittadine e si preparò all'assedio,
cedendo alle armi da fuoco nemiche il 13 ottobre. Nel 1439 le truppe della Serenissima,
guidate da Francesco Sforza e dal Gattamelata, sfidarono quelle del visconteo Piccinino,
asserragliate nella fortezza. Dopo averne ottenuto il controllo, la Serenissima
stanziò in permanenza nel porto del borgo due piccole galee in completo assetto
di guerra, ed a esse affidò il controllo della maggior parte del bacino
meridionale del Benaco. Il centro fu una delle basi arretrate che sostenne la
campagna militare condotta nel XV secolo contro i nobili di Castelbarco. In
quella occasione le forze veneziane giunsero addirittura a trascinare alcune
delle proprie imbarcazioni dal lago fino alla valle dell’Adige, nei pressi di
Rovereto. La fine del borgo in quanto postazione militare si avviò nel primo
Cinquecento, ai tempi della Lega di Cambrai contro la Serenissima. Si narra che
i rivieraschi si mostrarono favorevoli ai nemici della Repubblica, tanto che il
provveditore del Governo veneto Zaccaria Loredan decise di abbandonare la
regione, non prima di aver bruciato in Lazise la galea e due fuste poste al suo
comando, perché non cadessero nelle mani dei nemici. L'ultimo assedio avvenne
nel 1528, quando il Duca di Brunswich attaccò il capitano veneto Nicolò Barbaro.
Il borgo lacustre di Lazise è munito di buona parte della cinta muraria, di cui
è stata perduta solamente la parte più a nord della cortina orientale e la
parte della cortina occidentale che, partendo dal castello, proseguiva lungo il
lago fino al porto antico, concludendosi nella scomparsa torre del Cadenon,
eliminata nel 1939 per far posto al monumento ai caduti, ma la cui figura è
rimasta nella memoria della comunità lacisiense tanto da continuare ad esistere
nella festa popolare nota come Palio della Cuccagna del Cadenon, che si svolge
ogni anno proprio laddove si ergeva la torre medievale. La cortina meridionale
e settentrionale della cinta muraria urbana sono invece interamente conservate
e intervallate, insieme alla porzione rimanente della cortina orientale, da
tredici torri scudate e da tre porte cittadine: porta Nuova (o Cansignorio) a
settentrione, realizzata tra il 1375 ed il 1376 ma murata nel 1701 per
proteggere il borgo da alcune milizie che stavano depredando il territorio
circostante, quindi riaperta nel 1955; porta Superiore (o San Zeno) a oriente,
probabilmente coeva all'impianto altomedievale, l'unica destinata alla
popolazione e ai transiti, nella cui nicchia esterna era dipinta in origine una
Madonna col Bambino, poi sostituita dall'Aquila Imperiale e infine
dall'immagine di San Marco, protettore della Repubblica di Venezia; porta Lion
per l'accesso da meridione, così chiamata in quanto recava lo stemma della
Serenissima o forse perché utilizzata dalle milizie venete, un tempo dotata di
un rivellino a sua difesa. Le porte erano tutte munite di saracinesca e ponte
levatoio su fossato, questo completamente scomparso per lunghi tratti. La
fortezza vera e propria è costituita da due recinti affiancati: una cortina
rettangolare più grande, adibita a porto militare, sul lato verso il lago, ed
una rettangolare più piccola, la piazza d'armi, sul lato verso l'entroterra:
entrambe le cortine sono intervallate da sei torri scudate, con volte murarie
che sorreggono le terrazze merlate e strutture lignee che sostengono i piani
intermedi; vi sono quattro torri angolari e due intermedie poste sul lato
lungo, circondate sia verso la campagna che verso l'abitato da un ampio fossato
acqueo dotato di controscarpa in muratura e, sul lato campagna, pure da una
controfossa. Vi sono due accessi al castello, uno verso campagna ed uno verso
città, entrambi protetti da un rivellino munito di porte a doppio battente e da
un ponte levatoio su fossato. Inoltre, per offrire una maggiore difesa del castello,
ai lati del rivellino verso campagna si dipanava una seconda cortina muraria,
leggermente più bassa di quella principale. Particolarmente impontente il mastio
del castello in mattoni di cotto, con un basamento alto due metri in pietra e
un coronamento formato da una struttura pensile merlata, con caditoie su
archeggiature che scaricano il proprio peso su una triplice mensola digradante
in pietra. A questo elemento ultimo di difesa si poteva accedere dal cammino di
ronda tramite un piccolo ponte levatoio: dal piano raggiunto si poteva quindi
scendere tramite botole alle prigioni, oppure tramite scale salire ai piani
soprastanti. Alla base del mastio, all'interno della piazza d'armi, si ergevano
un tempo la residenza del castellano e le caserme della milizia, a ridosso
della cinta muraria. Il castello appare ancora integro in un rilievo del 1756
realizzato dall'ingegnere militare Xaverio Avesani, ma purtroppo ad oggi
importanti elementi della fortificazione sono andati perduti: la controfossa,
la fossa e la controscarpa muraria sono completamente scomparse; lo stesso vale
per la cortina muraria più esterna, che forniva un'ulteriore protezione nel
lato verso campagna; il porto militare è stato quasi completamente interrato e
sopravvivono pochi frammenti della relativa cinta muraria, completa solo nel
lato verso il lago, e tre torri. Il castello si trova all'interno del grande
giardino romantico ottocentesco di villa Buri-Bernini, sorto grazie all'opera
di Gian Battista Buri, figlio del più noto conte Giovanni Danese Buri, uomo
erudito dedito specialmente alla botanica e all'architettura del verde, figura
di spicco nell'ambito veronese in quanto diffusore delle nuove teorie inglesi
nell'arte dei giardini. Gian Battista acquistò nel 1871 il castello di Lazise
e, una volta ristrutturata la villa, si diede alla costruzione del grande parco
annesso, da cui ne derivarono radicali cambiamenti alle forme del castello. Utilizzando
le pietre della cortina più esterna al castello, in quel periodo già in rovina,
e le pietre ricavate dalla demolizione di parte delle mura e di alcune torri
del porto militare, venne creato un promontorio artificiale a sud del maniero,
detto
la mara, e venne quasi completamente prosciugata la darsena
militare: questa operazione generò opinioni contrastanti negli intellettuali
dell'epoca, infatti vi furono molte critiche positive per i lavori di pulitura
e recupero del castello, purtroppo non completati a causa della morte del
conte, ma d'altro canto venne fortemente contestata la demolizione di parte
delle mura medievali. Durante i lavori di realizzazione del parco venne
lasciato comunque riconoscibile l'ingresso al porto, grazie al mantenimento
delle mura e delle due torri che segnalavano l'ingresso dal lago, inoltre un altro
breve tratto di cortina muraria, interrotta da una torre, è stato utilizzato
come spalla di una serra dedicata alla specie più delicate del giardino. Il
parco romantico progettato dal conte Buri si svolge come un percorso attorno al
castello, unico grande episodio che segna il cammino, senza altri elementi di
sorpresa. Delle essenze originali molte sopravvivvono ancora oggi: risultano
particolarmente significative, per le loro dimensioni e bellezza, una wellingtonia,
una sequoia e due esemplari di Magnolia grandiflora, le quali hanno una
dimensione tale che le loro chiome si fondono, creando una galleria verde sotto
la quale si svolge il percorso. Sui margini de
la mara, nella porzione
meridionale del giardino, crescono invece numerose piante a foglia caduca, come
ippocastani, platani, tigli, carpini neri, olmi e querce, mentre nel sottobosco
si trovano aceri, biancospini, pitosfori, allori, tassi e bossi, rinvigoriti
dalle acque del ruscello che raccoglie le acque delle colline che circondano
Lazise e che, proprio nel parco della villa, confluiscono nel lago. Altri link
consigliati: scheda di Stefano Favero su
http://www.mondimedievali.net,
http://www.comune.lazise.vr.it/Sezione.jsp?idSezione=664,
http://www.benacusweb.com/localita/lazise/approfondimenti-lazise/castello-lazise/
Fonti:
http://it.wikipedia.org,
http://www.scaligeri.com/index.php/lazise
Foto: da
www.minniti.info e da www.veronaarte.it
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