di Mimmo Ciurlia
GRAFFIGNANO (VT) – Castello Baglioni
Graffignano sorge nella parte orientale della provincia di
Viterbo, a 187 metri d’altezza nel comprensorio della Valle Teverina, a pochi
chilometri dal confine con l’Umbria. Il documento più antico in cui compare il suo
nome è quello in cui vengono riportati i confini tra Orvieto e Viterbo nel
1274. Graffignano fu quindi, fin dalle origini, possedimento di Viterbo. L'atto
di sottomissione a Viterbo, per il castello di Graffignano, fu rogato dal
notaio Egidio Bono il 12 marzo 1282, al tempo del Pontificato di Martino IV. Fra
i primi feudatari figurano i Conti Da Persano, di origine longobarda, come è
scritto presso l’archivio Comunale di Viterbo, che dominavano sulle terre
conosciute come Selva Pagana. Successivamente la zona passò dapprima sotto il
dominio della famiglia Baglioni di Orvieto e quindi sotto quello di Viterbo,
che tra il XIV e il XV secolo aveva consolidato una posizione di rango nelle
lotte tra Papato e Impero. Per il feudo di Graffignano seguì un periodo di
relativa tranquillità, consacrata anche dal matrimonio tra la viterbese Guitta
Gatti (figlia di quel Raniero legato al conclave di Viterbo del 1270) e Simone
Baglioni. Graffignano continuò a condividere, nel bene e nel male, le sorti del
capoluogo della Tuscia. Coi Prefetti di Vico, padroni della città di Viterbo
nella prima metà del XIV secolo, si registrarono frequenti episodi di
intolleranza, resi ancor più incontrollati dal trasferimento della sede Papale
ad Avignone. Dopo la restaurazione, favorita dal cardinale-guerriero Egidio
Albornoz, cui si deve il ritorno del Pontefice a Roma, Graffignano tornò ai
Baglioni che avevano offerto al Papa un aiuto determinate nella lotta contro i
Di Vico. La nobile famiglia di origine orvietana tenne il castello, con alterne
vicende, fino al XVII secolo, quando passò a Domitilla Cesi, vedova di Adriano
Baglioni. Fu
grazie a questa donna illuminata che si diffuse il culto per
san Filippo Neri, ancor oggi molto vivo.Alla fine del secolo XVII i territori passarono sotto la
famiglia Borromeo. Eminenti personalità di questa famiglia figurano come
signori del castello, fra cui lo stesso Cardinale Federico Borromeo. Nel 1741 il feudo venne eretto a principato da Benedetto XIV
e venduto al principe romano Scipione Publicola di Santa Croce, che ridiede
nuova vita ad un territorio lasciato da anni alla rovina. Il castello in
origine aveva una funzione essenzialmente militare: a nord era difeso dalla
naturale struttura del terreno, mentre a sud aveva una cortina muraria, a est
essendo la parte più esposta, doveva avere una fortificazione con fossato e
torri. Il maniero, con la sua forma rettangolare e torre cilindrica alta una
ventina di metri (una seconda torre è attualmente un rudere), è uno dei simboli
più significativi dell'architettura di castelli del Viterbese e al contrario di
altre rocche, non è collocato in un luogo elevato, bensì sopra una rupe di tufo
dalla quale non si ha una visione diretta del fiume Tevere. Tuttavia la sua
funzione era determinante per il controllo delle strade che univano il fiume ai
castelli dell'entroterra posti a difesa delle città di Viterbo e Montefiascone.
Le finestre ad arco, la cornice dei beccatelli finemente decorata, i ricorsi
scanalati delle mensole e, comunque, un certo gusto decorativo mostrano una
ricerca stilistica influenzata sicuramente dal vicino ambiente toscano. Attualmente
l'ingresso principale del castello è quello che dà sulla piazza Vittorio
Emanuele II aperto verso la fine del Settecento dai Principi di Santa Croce. Varcata
la soglia c'è un ampio cortile con pavimento a ciottoli disposti a ventaglio
convergenti verso una cisterna per la raccolta dell'acqua piovana. Intorno a
questo, si aprono diversi ambienti, a sinistra un ingresso immette in un'ampia
sala d'armi con volte a vela poggianti su capitelli in pietra. Queste volte
sorreggono gli ambienti dei piani sovrastanti senza altro tipo di sostegno. Nella
parte sinistra della sala, inglobata nel muro, vi è una scaletta segreta
"a lumaca" che conduce
all'appartamento del piano superiore. A destra del cortile, una porticina
conduce alla torre percorsa da una scala a chiocciola che permette l'accesso a
cinque vani con volta a cupola. La torre, architettonicamente ragguardevole,
venne tirata su in grossi pietroni e oggi risulta purtroppo privata della sua
merlatura originale sacrificata, come quella di tutto il perimetro murario, per
la costruzione del tetto in legno. Sempre nel cortile , troviamo la scala del Palazzo.
Sul pianerottolo del primo caposcala vi è a destra l'ingresso della cappella
privata. Proseguendo la scala, si giunge all'ingresso degli appartamenti nobili
e poi al terzo piano della torre. Entrando al primo piano nobile, si apre il
salone d'ingresso con una superficie di
mq. 71,5 ed un'altezza di mt. 4,30. Il soffitto è in legno cassonettato
con travi portanti ed pavimento in terracotta. Nel salone è posto il cosiddetto
"tronetto" un inginocchiatoio barocco in legno, con putto scolpito di
notevole fattura. Nell'angolo di sinistra è collocata una portantina
principesca della fine del XVI sec. completa di vetri. Un breve corridoio
immette, a destra nella sala da pranzo, a sinistra in un salotto nel quale si
trova un camino del Duecento, con inciso " A laude de IHS". Di fronte
al camino vi è un doppio confessionale barocco che nella parte anteriore è
stato trasformato in armadio. Dal salotto si accede allo studio in cui vi è un
austero camino del Duecento. In fondo al corridoio si trova l'accesso agli
ambienti di una palazzina settecentesca, chiamata anche "Casa
Brenda", formata da diversi appartamenti. Sull'architrave in pietra
dell'ingresso è stato posto lo stemma degli ultimi proprietari , i conti senesi
Bulgarini d'Elci.Il secondo piano del castello è attualmente disabitato e da
questo si accede al camminamento di guardia ed alla veletta sovrastante un
antico orologio. Il castello presenta diversi piani sfalsati sotto il livello
del terreno, un tempo usate come carbonaia, cantina e prigioni. Intorno all’edificio,
si dispongono le cosiddette "case di dentro" con le caratteristiche
scale esterne e le cantine, già adibite a stalla. Attualmente è gestito
dall'amministrazione comunale di Graffignano ed è divenuto ormai sede regolare
di manifestazioni culturali e artistiche. E' visitabile solo durante il fine
settimana.
Fonti: testo su “Rocche e castelli del Lazio” di A.C.
Cenciarini e M. Giaccaglia,
Foto: la prima è una cartolina della mia collezione, mentre
la seconda è su www.viterbotv.eu
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