POLCENIGO (PN) – Castello
Sorge in cima ad una collina che, in posizione strategica,
domina tutta la vallata. Una leggenda sostiene che nell'875 Carlo il Calvo
assegnò, con incarico militare, questo prezioso posto di avvistamento ad un
luogotenente del seguito, il conte di Blois di Francia. Nel 973 il Vescovo di
Belluno, a cui era stato ceduto il territorio da Ottone I, riconfermò
l'investitura militare conferendo il titolo di Conte di Polcenigo al capitano
d'arme Fantuccio, il primo di un lungo e nobile casato. I Conti di Polcenigo diventarono
poi vassalli del Patriarca di Aquileia e presero parte al Parlamento della
Patria con la prerogativa di "nobili liberi". Da allora la fortezza
diventò un vero e proprio castello medioevale con cinta merlate, torri e
camminamenti; in seguito sorse il borgo, la cui prima menzione storica si trova
in un atto del 1200 con il quale i Signori Aldrigo e Guarnerio di Polcenigo
concedevano il permesso a chiunque di fabbricare una casa entro le mura del
castello. Negli anni successivi il maniero fu spesso
oggetto di contesa a causa della sua eccellente posizione sul corso del Livenza
e poiché fu da sempre considerato punto nevralgico fra le principali vie di
comunicazione. Il borgo si sviluppò sempre di più e si affermò anche
economicamente, soprattutto dopo l'avvento della Repubblica di Venezia (1420). Forse
distrutto da un incendio nel XVII secolo, il castello venne ricostruito nel
sec. XVIII, nelle forme di una villa veneta, pare su progetto dell'architetto
veneziano Matteo Lucchesi. La grandiosa costruzione, come ci informa il Nono,
aveva dal lato ovest una impronta asimetrica alternandosi a varie altezze
finestre centinate con altre rettangolari. Il portale centinato volto
all'abitato sottostante è rigorosamente simmetrico. A piano terreno una teoria
di otto finestre rettangolari è sovrastata dal piano nobile portante nove alte
aperture centinate tre delle quali riunite al centro a mò di trifora con
poggiolo e piccolo timpano centrale. Altre nove finestrelle ovate coronano in
alto la costruzione. Larghe fasce bianche scandiscono orizzontalmente i piani e
i davanzali e, verticalmente, a prolungamento degli stipiti delle aperture
quasi disegnano una bianca scacchiera. Tutto è luminosamente monumentale nella
chiarità della sua impostazione. Il fianco nord-est ripeteva nella sua
regolarità su quattro aperture il motivo della facciata. Vi era addossata una
piccola dipendenza. Ora, purtroppo, dell'antico splendore non restano che le
pareti: sono scomparsi l'adiacente cappella di S. Pietro e le dipendenze, il
tetto, il salone da ballo, i caminetti e la scalinata di 365 gradini che
scendeva fino al borgo, ma la facciata del castello domina ancor oggi la
piazza, come un tempo. Lavori di restauro ne hanno comunque conservato le mura
perimetrali e tutto il suo fascino. Sono ora in corso lavori per il consolidamento dei
muri di terrazzamento della collina al fine di renderla un parco pubblico. Molte sono le leggende che hanno come oggetto il castello; una
di queste racconta che, alla fine del Quattrocento, in un periodo di lotte
sociali che coinvolgevano da un lato contadini e dall’altro nobili e feudatari,
un contadino trovò un tesoro costituito da pietre preziose e gioielli e lo
nascose in una profonda buca scavata sulla sommità del colle, al di sopra della
quale, secoli più tardi, fu costruito il castello. L’uomo morì e nel corso dei
secoli, intorno al probabile bottino, nacquero numerosi racconti. Uno di questi
narra come il tesoro sia stato ritrovato, durante i lavori di costruzione del
maniero, da un operaio che divenne improvvisamente ricco e che, in seguito, si
trasferì a Venezia, dove iniziò il commercio di legnami. Ancora oggi, secondo
la leggenda, chi si trova nelle vicinanze del castello, può sentire un forte
tintinnio di monete e se decide di mettersi a scavare, sarà investito da un forte
vento, sentirà rumori cupi e vedrà la figura di un uomo che, a gesti, tenterà
di allontanarlo. Un’altra leggenda riguarda gli antichi abitanti del castello:
un cavaliere e sua moglie. Il cavaliere era molto innamorato della moglie, ma,
allo stesso tempo era molto triste perché lei non ricambiava il suo amore. Un
giorno, durante una battuta di caccia, fu sorpreso da un temporale e cercò
rifugio nella casa di un boscaiolo. Questi aveva una bellissima figlia, dai
capelli color dell’oro, di nome Mafalda di cui il cavaliere presto s’innamorò e
da cui ebbe un bambino. La moglie del cavaliere, venuta a conoscenza della
storia d’amore fra i due, decise di vendicarsi e chiese aiuto alla maga di
Cercivento. Quest’ultima, diede alla castellana uno spillo d’oro e un unguento
molto velenoso che lei stessa aveva preparato. La castellana entrata di
soppiatto nella casa di Mafalda, punse il neonato con lo spillone infettato.
Mafalda, rientrata in casa, trovò il bambino morto e il cavaliere, intuito chi
fosse il colpevole, andò al castello e spinse la castellana lungo il colle
dicendole: "Serpente che sei, che tu sia maledetta". La castellana,
divenuta serpente, da quel momento, striscia fra l’erba del castello e fissate
al collo ha un mazzo di chiavi, le chiavi dei forzieri che contengono i tesori
murati da qualche parte nel castello. Su una delle chiavi vi è l’indicazione del
luogo di sepoltura del tesoro. Ecco un video che si trova sul web: http://www.youtube.com/watch?v=XvYhqgR25g0
http://www.castellipordenone.it/castello_polcenigo.htm,
http://www.prolocomedunalivenza.com/strada-dei-castelli.html
Foto: di pierangelo zaghet su http://www.panoramio.com e da www.castellipordenone.it
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