di Mimmo Ciurlia
GAIOLE IN CHIANTI (SI) - Castello di Brolio
E' di origine longobarda, sebbene dell'antico fortilizio non
rimanga oggi alcuna traccia ad eccezione della locazione. Si trova in località
Brolio, situato su un'alta e solitaria collina. La sua posizione strategica era
fondamentale per il controllo di quella zona del Chianti ai margini
dell'influenza fiorentina, ai confini con
il territorio senese. Si ha notizia del castello di Brolio fin dall’XI
secolo. Nel 1009 Bonifacio, Marchese di Toscana e padre della Contessa Matilde,
lo cedette ai monaci della Badia
Fiorentina insieme alla sottostante Chiesa di S. Regolo; donazione confermata
alla stessa badia, dall'imperatore Enrico II nel 1012 e da Enrico IV nel 1074. La
sua ubicazione pose il castello al centro delle molte guerre di frontiera
conseguenti a partire dal '300 fino alla metà del XVI secolo. Nonostante la
vicinanza a Siena, che dista circa 20 chilometri e il cui profilo può essere
scorto all'orizzonte, Brolio è sempre stato legato a Firenze diventando un
avamposto strategico nella difesa del territorio. Per questa ragione subì molti
assedi e distruzioni e di conseguenza venne più volte ricostruito seguendo lo
stile dell'epoca. Dal 1141 appartenne alla famiglia Ricasoli, come risulta dal
primo atto pubblico rogato da questa casata che porta la data del febbraio
1141, col quale Rodolfino di Rolando con suo figlio Renuccino cedettero alcuni
terreni alla Badia di Coltibuono.
Nel 1176, dopo la sconfitta di Legnano, i Fiorentini,
approfittando del declinare della potenza del Barbarossa, alleato dei Senesi, ottennero
da questi ultimi una parte del Chianti comprendente anche il Castello di Brolio
e le sue terre fino all’Arbia. Da quel momento la famiglia Ricasoli rimase sempre
fedele alleata di Firenze. Nel 1252 il maniero fu assalito e preso dai Senesi per
essere restituito ai Ricasoli solo l'anno dopo, alla firma dell'armistizio tra
Firenze e Siena. Ancora nel 1434 Antonio Petrucci di Siena vi penetrò con
l'inganno e prese prigionieri i Ricasoli fino a che la Signoria di Firenze
inviò in loro soccorso Neri Capponi che con i suoi uomini costrinse Petrucci
alla resa. Nel 1452 gli Aragonesi, alleati di Siena, posero sotto assedio
Brolio e Cacchiano ma non riuscirono ad espugnarle. Il 27 agosto 1478 il
castello venne in gran parte distrutto a colpi di bombarda dagli eserciti di
Papa Sisto IV e del re di Napoli Ferrante d’Aragona. Terminata la guerra e
ritornato in mano ai fiorentini, valutando l’importanza di quella posizione
come sentinella avanzata verso Siena, il Consiglio Generale del Popolo
Fiorentino nella seduta del 23 aprile 1484, deliberò una profonda opera di
ristrutturazione e potenziamento della roccaforte che trasformò Brolio in una
delle prime fortezze bastionate italiane. I suoi bastioni in pietra, ancora
oggi in perfetto stato, hanno una pianta a forma di pentagono irregolare
sebbene con una struttura primitiva rispetto allo sviluppo che di lì a poco
avrebbe avuto questa nuova forma di fortificazione. Alcune fonti attribuiscono
l’opera all'architetto Giuliano da Sangallo, responsabile di molte
fortificazioni medicee. Nel 1529, durante il celebre assedio di Firenze da
parte dell’esercito spagnolo dell’Imperatore Carlo V, ancora una volta, il
Castello di Brolio venne assalito dai senesi, preso, cacciati i Ricasoli e
incendiato, ma i bastioni non subirono danni notevoli. Passata poi anche Siena
sotto il dominio dei Medici, Brolio terminò di essere fortezza di confine e non
subì altre notevoli traversie. Del castello vero e proprio si riconosce, come
originale, soltanto il basamento del cassero, risalente ai primi anni del
mille, mentre le mura ben conservate sono tipiche dell'architettura medievale
rinascimentale. Le varie epoche sono facilmente distinguibili grazie al diverso
uso dell'antico materiale costruttivo, la pietra serena e il mattone. Le
poderose mura progettate da Giuliano da Sangallo, lunghe 450 metri e alte 14,
racchiudono il grande palazzo padronale in mattoni rossi progettato
nell’Ottocento dall’architetto Marchetti, ricco di merlature e culminante in
una alta torre. Gli altri edifici in pietra sono più antichi: tra questi
spiccano la cappella di San Jacopo del 1348, con i sepolcri dei Ricasoli, che
conserva due importanti dipinti di artisti appartenuti alle due città rivali:
un polittico di scuola fiorentina e l’altro di scuola senese, attribuito a un
allievo di Duccio, ambedue del XIV secolo ed infine il grande cassero che con
le sue torri era la parte più inespugnabile del castello. Nella metà del secolo
XVI fu trasformato in una prestigiosa residenza signorile e in una imponente
azienda agricola e soprattutto vinicola. A questo proposito, anche se documenti
degli inizi del millennio attestano già a quei tempi la diffusione a Brolio
della coltura della vite, è del 1696 un atto notarile che assicurava un carico
di pregiati vini in partenza dal porto di Livorno con destinazione Amsterdam.
Nel 1722 il duca di Norfolk scriveva ad un rappresentante di Brolio a Londra
per assicurarsi ogni mese la consegna “di cinquanta o più casse del vero
Chianti” di Brolio. Nel 1835 il barone Bettino Ricasoli incaricò l'architetto
Marchetti di modificare il castello secondo il gusto del revival gotico,
movimento romantico originato in Inghilterra. Questo fu trasformato da antica
fortezza in maniero inglese, utilizzando il mattone come materiale principale,
aprendo finestre in stile Tudor e inserendo torrette merlate estranee
all'architettura locale. Anche nella sistemazione del verde di Brolio, così
come nell'architettura del complesso, si distinguono due zone d'epoca diversa:
il giardino cinquecentesco all'italiana, con siepi di bosso e vialetti e il
parco romantico ottocentesco, voluto dal botanico Simone Ricasoli. Questi fece
piantare, attorno al castello, varie essenze botaniche d'importazione, tra le quali
alcuni esemplari d'abete che oggi hanno raggiunto l'altezza di 30-40 metri. Il
Barone Bettino Ricasoli, secondo Presidente del Consiglio del Regno d’Italia
subito dopo la morte del Conte di Cavour (1861), venne chiamato il “Barone di
ferro” per la sua inflessibilità, ma era rispettatissimo anche dai suoi
avversari per la sua integrità morale. Il suo “siamo onesti!” è diventato
proverbiale. Si racconta che Bettino fosse strabico e che avesse la fama di
essere un bell’uomo, ma gelosissimo. Nel 1829 egli, appena ventenne, iniziò a
seguire personalmente la proprietà di Brolio e per tutta la sua vita alternò
gli impegni politici ad approfonditi studi in viticoltura. Il “Barone di Ferro”
pose particolare attenzione ai vitigni
più rispondenti per quel vino ideale che voleva produrre sulle sue terre. Varie
furono le uve coltivate a Brolio, dal Pinot al Cabernet, dal Grenache al
Carignano, ma a dare i migliori risultati per Bettino Ricasoli furono senza
dubbio i cloni del Sangiovese di Brolio, una varietà ancor oggi presente nelle
vigne dell’azienda perché i successivi reimpianti hanno quasi sempre visto
utilizzare materiale vegetale autoctono. Si arriva così al 1874, quando il
Barone Bettino, dopo anni di ricerche e sperimentazioni, definì l’uvaggio per
il Chianti Classico al quale, quasi un secolo più tardi, si è poi ispirato il
disciplinare di produzione del più famoso vino italiano, rimasto in vigore fino
ai giorni nostri. Nella prima quindicina del luglio 1944 durante la ritirata
delle armate tedesche verso nord, il Castello di Brolio venne poderosamente
investito per dodici giorni da formazioni inglesi e sud-africane e assoggettato
a duri bombardamenti di artiglieria ed aerei. Il 15 luglio 1944, essendosi
previamente ritirate le pattuglie tedesche di copertura, veniva occupato senza
colpo ferire. Ma l'edificio subì gravi danni di cui si vedono tuttora i segni
minori.Il castello sorge al centro di vasti vigneti, dai quali i
baroni Ricasoli traggono il loro famoso vino, posto ad invecchiare nelle
cantine adiacenti l'antico maniero. Pur essendo privato il castello è
visitabile, ad eccezione del palazzo padronale. È possibile percorrere l'intero
giro dei bastioni da dove si godono splendide vedute sulle colline del Chianti
Classico. Il ‘900 ha visto il crescente affermarsi dei Ricasoli come produttori
e vinificatori e non sono mancate mete straordinariamente lontane per le loro
spedizioni: negli anni ‘40 del secolo passato, i vini di Brolio raggiungevano
tutti i continenti, dalla Repubblica Dominicana all’India, dalla Cina
all’Arabia Saudita, dal Sud Africa al Guatemala, dalla Costa Rica a quelle che
allora si chiamavano Afriche Britanniche. Dal 1993 dirige l’azienda Francesco
Ricasoli, 32º Barone di Brolio, artefice di una rinascita seguita ad un
trentennio di proprietà straniera. Nel 1995 nella tenuta di Brolio fu girato il
film "Io ballo da sola" di Bertolucci. Un contesto ambientale e
storico unico: la quarta azienda più longeva al mondo, la bellezza delle terre
del Chianti,la suggestiva imponenza del Castello di Brolio. Visitabili oggi i
giardini, la cappella, e la Collezione Ricasoli inaugurata nel maggio 2009 e
situata all'interno del cassero. Vi si possono ammirare l'armeria di famiglia
oltre ad onorificenze e oggetti privati appartenuti al Barone di Ferro. Una
leggenda locale vuole che nei dintorni del castello si aggiri il fantasma del
"Barone di ferro". Già subito dopo la sua morte egli non si fece
scrupoli nell''annunciare la sua presenza. Scrive, ad esempio, Alessandro
Orlandini: "Ora poi, quando morì', nel castello lo rivedevano
continuamente. Dice c'era una tavola apparecchiata che non ci stava
apparecchiata. L'apparecchiavano e brumm! Gli buttava in terra ogni cosa."
E non solo. Pare continuasse a dormire nel suo letto, che ogni mattina veniva
trovato disfatto, dedicandosi al piacere del sigaro prima di distendersi, dal
momento che sul comodino, spesso, veniva ritrovato qualche mozzicone. C'è chi
dice di averlo visto nelle notti di luna piena, chi invece nelle notti di tempesta,
fatto sta che, al calar delle tenebre, nelle campagne circostanti il castello,
si aggira ancor oggi ancora il fantasma del cavaliere, in groppa al suo
destriero, avvolto in un nero mantello e con al seguito una muta di cani da
caccia. A volte corre al galoppo, sparendo tra i boschi o andando a dissolversi
nei muri del castello. Il passo del suo cavallo echeggerebbe tutt'ora nelle
stanze del castello. Altri ancora giurano di sentire un suono di flauto
provenire dal castello. E chi potrebbere esserne l'esecutore, se non il barone?
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