di Mimmo Ciurlia
FAICCHIO (BN) - Castello Ducale
Denominato nei documenti
d'investitura feudale "Rocca Nova", sorge in posizione strategica al
centro del paese, su uno sperone di roccia che domina la Valle del Titerno, fra
i monti Acero e Gioia. È proprio la strategia della sua posizione che ha fatto
supporre a storici ed archeologi che la primigenia costruzione delle sue mura
possa risalire ad epoca antichissima, addirittura sannita (VI sec, a.C.).
Sicuramente i Longobardi (VII-X secolo d.C.) tennero la Rocca di Faicchio posta
a protezione del Gastadato di Telese. Dopo il domino longobardo, furono i
Normanni a governare su Faicchio e sulle zone limitrofe. La prima data
storicamente certa riferita al castello è il 1135, data in cui il castello fu
edificato o riedificato dai Sanframondo, nuovi signori del luogo, che
sicuramente lo ingentilirono, senza togliergli del tutto il rude aspetto di
maniero difensivo. Ne sono testimonianza le numerose arcate ogivali, memoria
d'arte gotica, che si intravedono anche nei muri della sala del teatro e nelle
strutture archiacute delle volte a crociera che coprono due salette attigue, in
forte contrasto con l'impianto romanico possente e greve della costruzione
normanna. Spodestati i Sanframondo, rei di aver partecipato alla rivolta dei
baroni, i nuovi dominatori, gli Aragonesi, misero in vendita il castello, che
dopo alterne vicende, nel 1337, giunse nelle mani della famiglia Monsorio, che
lo tenne fino al 1520 e che sottopose l'edificio ad un'importante
ristrutturazione che gli conferì l'attuale aspetto. Nel 1612 divenne di
proprietà di Gabriele De Martino, duca di Faicchio, che restaurò nuovamente il
castello, così come recita l'epigrafe posta sul portale d'ingresso, trasformandolo in una comoda dimora, pur
conservando alcune funzioni difensive. Da allora il castello venne chiamato
"Ducale" in onore del duca De Martino. La famiglia De Martino tenne
il maniero fino alla soppressione dei diritti feudali. A seguito
dell'abolizione del feudalesimo nel 1806 il castello cadde in stato di
abbandono. Nel 1962 è stato recuperato e restaurato dalla famiglia Fragola. Dal
1973 al 1977 ha ospitato la "Libera Università di Studi Turistici". L'edificio
ha la forma di un quadrilatero irregolare i cui lati sono raccordati tra loro
da tre delle quattro torri cilindriche originarie, una delle quali (quella che
guardava verso la Collegiata di Santa Maria Assunta) è crollata nei secoli
scorsi probabilmente a causa di uno dei tanti terremoti che sono accaduti nella
zona. La struttura richiama il celebre "fratello maggiore" di Napoli,
ossia il Maschio Angioino. I torrioni, infatti, seppure in proporzioni ridotte,
poggiano su basi tronco-coniche come quelli del castello partenopeo. Due delle
tre torri superstiti fanno da cornice all'ingresso, costituito da un grosso
portale seicentesco ornato da una corona di bugnato, composta da rocchi
alternativamente stretti e larghi, secondo la tipica maniera seicentesca e
sormontato dallo stemma della famiglia De Martino. Il portale era sovrastato
originariamente da un loggiato a tre aperture, come si riesce ad evincere
dall'intonaco. Il castello era cinto da un fossato ed era accessibile
attraversando un ponte levatoio come si intuisce da due fori che si trovano al
di sopra del portale. In questi due fori scorrevano le catene di ferro che
venivano usate per alzare o abbassare il ponte levatoio, mentre nelle spesse
mura delle torri si notano ancora strette aperture verticali, piuttosto larghe
dal di dentro, da dove venivano scagliati gli attacchi contro gli aggressori. La
volta a botte dell'ingresso immette in un largo cortile scoperto. Sul lato
destro presenta un porticato ad archi e pilastri, coperto da volte a vela, che
sorregge un terrazzo protetto da una balaustra con anelli in tufo locale scuro.
Il prospetto sulla piazza principale (piazza Roma) ha due ordini di terrazze:
quello inferiore corrisponde alle sale di rappresentanza mentre quello
superiore coincide con gli appartamenti privati. Degna di menzione è una bella
e ben conservata scala a chiocciola in tufo grigio scuro, composta di tante
mensole sagomate a gradino, ognuna di un sol blocco di tufo. Con questo stesso
materiale sono costruiti i fregi, decorazioni varie e gli stemmi che ornano il
terrazzo più piccolo sul quale si affaccia l'ingresso alla cappella palatina,
sovrastata dal suggestivo campanile del XVIII secolo. Nella cappella palatina
vi è una ricca decorazione di stucchi barocchi che incorniciava un dipinto
andato disperso. Secondo la tradizione popolare nella cappella si trovava un
quadro raffigurante Santa Barbara che veniva fatto baciare ai condannati dopo
le funzioni religiose. Costoro, avvicinandosi al quadro per baciarlo, ponevano
a loro insaputa i piedi su di una botola che, aprendosi all'improvviso, li
faceva cadere nelle segrete del castello. La botola che secondo la tradizione
veniva usata per questo "trabocchetto" è ancora oggi sita nel
pavimento della cappella. Dal cortile si accede ai sotterranei, molto estesi ma
in gran parte impraticabili, mentre al piano terra è sito il carcere dove
ancora oggi, nell'intonaco, si possono vedere le scritte incise dai detenuti. Nel
2000 è stato acquistato da un gruppo di imprenditori locali ed attualmente è
sede di un albergo ristorante. Gli interni del castello sono stati arredati con
mobili ed oggetti di antiquariato. In particolare, in alcune sale che
sovrastano il portale di ingresso, sono conservati dipinti d'epoca, alcuni
strumenti musicali antichi ed un presepio del Settecento. In una di queste sale
sono ancora visibili tracce di affreschi parietali. In altri ambienti si
possono ammirare pezzi di artiglieria, armi da fuoco e armature d'epoca. Il castello
è visitabile su appuntamento.
Fonti: it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Faicchio,
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