CASALUCE (CE) – Castello Normanno
Sulla sua data di costruzione c'è una disputa storica che
prevede uno scarto di trent'anni. Secondo lo studio dell'abate celestino Padre Donato
Polieni da Siderno la data di costruzione è ricondotta al 1060, mentre secondo
padre Andrea Costa la data di costruzione è relativa al 1030. U'indagine
storica porterebbe a ritenere la seconda data come quella più accreditata, in
quanto nel 1060 esisteva una relativa pace tra Roberto il Guiscardo e Riccardo
I di Aversa, alleati contro il papato. Secondo padre Polieni il fondatore del
castello è Roberto il Guiscardo mentre per padre A. Costa il fondatore è
Rainulfo Drengot, della famiglia dei Quarrel; stavolta l'enigma viene sciolto
pensando che il Guiscardo in quel periodo fu impegnato nella guerriglia contro i
bizantini che tentavano di riconquistare le Puglie e quindi la costruzione sarebbe
da ricondurre al primo insediamento e cioè a quello relativo a Rainulfo
Drengot. Il castello si presentava come un maestoso complesso di tufo, dalla
forma perfetta, ampia, quadrata, alta, senza porte e finestre con un enorme
fossato riempito di acqua del vicino fiume Clanio e immerso in un bosco di
querce e pioppi. Artificioso nella sua architettura e per le sue cinque torri,
quattro negli angoli e un maschio centrale, caratterizzato dai grossi merli,
dagli ampi locali interni adibiti a dormitori, a sala di giustizia, a scuderie,
armerie per le guarnigioni e nei sotterranei, le prigioni e i magazzini. Aveva
lunghezza di 270 palmi, di altezza 100 palmi ed il perimetro di 1080 palmi. Il
fossato da sud a ovest largo 45 palmi e alto 30 palmi sorpassato da un ponte
levatoio centrale alle mura ovest, largo 65 palmi e alto 12 palmi. Inoltre la
fortezza possedeva delle cave sotterranee ai torrioni e ad altre stanze che
davano accesso ad uscite segrete che portavano in luoghi lontani e diversi, in
caso di bisogni, di incidenti di guerra, oppure d'assedio. Le suddette
dimensioni corrispondono a quelle della struttura odierna che nel XIII secolo
sembrava più riferibile ad una residenza di età svevo-angioina che ad una
struttura belligerante dei primi dell'XI secolo dovuta ai cambiamenti apportati
con la trasformazione in monastero. La sua plurisecolare storia può essere
sintetizzata in due momenti significativi: l’epoca normanna, nella quale
si inserisce la fondazione del castello, e l’età angioina. La funzione
militare del castello ne segnò inevitabilmente anche la sua distruzione.
Infatti nel 1135 Ruggiero II di Altavilla dopo la vittoria su Riccardo II conte
di Aversa e successore di Rainulfo Drengot, nel corso della sua impresa di
riunificazione del sud della penisola italica, avrebbe saccheggiato il
territorio aversano e distrutto tutte le fortificazioni compresa quella di
Casaluce (che era in possesso di Roberto II discendente di Rainulfo Drengot) abbattendone
le torri, come segno di ammonimento e di umiliazione per l'avvenuta sconfitta.
Ruggiero II permise successivamente la ricostruzione delle mura fortificate
della città di Aversa e trasformò il castello di Casaluce, che intanto perdeva
la sua funzione originaria, in residenza di caccia reale. Il castello da Ruggiero
II d'Altavilla passò agli Svevi nel 1184. Il maniero fu dato in amministrazione
al militare aversano Rahul De Casaluccia che governava il territorio
riscuotendo i tributi delle terre infeudate. Al governatore Rahul succedette
nel tempo Gaufridus, componente della sua famiglia. Tale famiglia mantenne il
dominio anche durante il periodo svevo, tra i quali Simon de Casaluccia, un
fedele milite aversano, al quale il re Enrico IV di Svevia confermò anche i
beni avuti al tempo di Guglielmo il Buono (1166-1189). Si servirono del
castello di Casaluce in questo periodo tutti i principi seguaci del Re di
Napoli secondo i vari bisogni fino al 1265, quando venne in Italia con un
grande esercito Carlo I d'Angiò. Secondo padre Polieni da Siderno il fortilizio
di Casaluce fu donato da Carlo I d'Angiò nel 1269 al suo gran connestabile
Bertrando del Balzo, che lo aveva accompagnato, con altri signori provenzali,
alla conquista del Regno di Sicilia. Altri documenti invece rivelano che nel
1332 il feudo di Casaluce fu ancora abitato dalla famiglia de Casaluccia e
successivamente avvenne il passaggio del titolo alla famiglia del Balzo. La
notizia data da padre Polieni non è documentata da nessun atto tanto è vero che
menziona più avanti nel libro “Historia del real castello di Casaluce” che
Raimondo del Balzo, nipote di Beltrando del Balzo, acquistò il feudo del casale
di Casaluce dal nobile napoletano Roberto d'Ariano nel 1359, citando
addirittura gli estremi dell'atto di compravendita. Fu proprio grazie all’importanza delle cariche politiche
conquistate che Raimondo, già conte di Soleto e Gran Camerario del Regno e
divenuto signore di Casaluce, è ancora oggi sepolto a Napoli nel pantheon dei
re angioini, vale a dire nella chiesa di Santa Chiara assieme alla sua consorte
Isabella Apia, anch’ella di nobile stirpe francese. I coniugi, morti nel 1375,
giacciono nella cappella di famiglia in due splendidi sarcofagi opera di
maestranze tardo trecentesche. Sotto il dominio dei Del Balzo, Casaluce conobbe
la sua “età dell’oro”: il conte apportò ampi rimaneggiamenti al castello,
trasformandolo in una confortevole residenza fortificata, al punto da essere
considerato, da alcuni studiosi, il fondatore dello stesso. A lui, uomo di
profonda spiritualità e particolarmente devoto alla Vergine Maria, si devono la
fondazione e i primi lavori di edificazione della chiesa di Santa Maria ad
Nives (o “della Neve”), che oggi costituisce la testimonianza
storico-artistica più bella e significativa dell’intero complesso. Morti i loro
quattro figli e, essendo rimasti senza eredi, i conti decisero di donare, l’8
agosto del 1360, il loro castello all’ordine dei monaci Celestini,
fondato da dall’eremita iserniano Pietro da Morrone (1215 – 1296), (diventato
Papa col nome di Celestino V nell’1295), motivo per cui il complesso venne
trasformato in monastero, subendo ulteriori modifiche: il conte riservò per lui
e per la sua consorte l’appartamento baronale, mentre destinò la chiesa da lui
fondata e la maggior parte del castello alle cure dei monaci. Questi ultimi
costruirono il chiostro, il dormitorio e completarono la chiesa rivolgendosi
alle più prestigiose botteghe di scultori e pittori toscani (degne di nota tra
le varie tele presenti, in particolare quelle che la critica ha attribuito al
maestro Niccolò Di Tommaso, allievo di Giotto), così com’era in voga a Napoli
intorno alla seconda metà del Trecento. Agli occhi del visitatore che oggi si
appresta a visitare il castello si presenta, una volta varcato il ponte
levatoio, la chiesa con la sua facciata barocca che conserva ancora alcune
importanti testimonianze medioevali, quali il bel portale d’ingresso in marmo
di Carrara. Esso è sormontato da una lunetta abitata da un gruppo scultoreo
raffigurante una “Madonna con Bambino tra angeli reggicortina e santi”,
che conserva ancora tracce di colore nella veste e nella decorazione originaria
a tessere di mosaico. Sul lato destro del portale si conserva infissa nel muro
una tavola marmorea che reca inciso, in caratteri gotici a rilievo, un lungo
carme encomiastico in 31esametri latini. Si tratta di un’iscrizione dedicatoria
con la quale i Del Balzo espressero la volontà di dedicare la chiesa da loro
fondata alla Vergine Maria. Questa devozione a Maria si è tramandata nei secoli
fino ad oggi in virtù del fatto che qui, nella cappella a destra dell’altare,
si venera una preziosa icona bizantina raffigurante una “Madonna con Bambino”,
alla quale la tradizione popolare attribuisce poteri miracolosi. Il culto
mariano è così radicato a Casaluce al punto da aver comportato la
trasformazione della chiesa di S. Maria ad Nives in un Santuario mariano,
tuttora meta di pellegrinaggio e sede di una modesta collezione di ex-voto. Fortunatamente
i restauri attesi da anni sul complesso di Casaluce, oggi adibito a fattoria, sono
diventando realtà. Grande attesa a Casaluce, e non solo, per l’imminente
conclusione delle operazioni di restauro che ormai da diversi mesi stanno
interessando gli interni dello storico Monastero. Una prima fase dei lavori, a
cura della Soprintendenza ai Beni Culturali della Provincia, ha interessato la
facciata esterna del Santuario, fatta eccezione per alcuni interventi di tinteggiature
interne. Dal 2011, al via una nuova ripresa delle operazioni grazie alle quali
sono emersi affreschi del tutto inediti, oggetto di nuovi spunti per la
critica. Intanto si attende l’ufficiale riapertura del sito e il sospirato
ritorno della serie di affreschi staccati nel lontano 1972 (in occasione di una
mostra temporanea, per divulgare il modello di affrescatura grottesca presente
nella cappella prima dell’incendio che ne distrusse l’intera opera), ancora
custoditi nella Cappella Palatina S. Barbara in Castelnuovo (Napoli). Per
approfondire, vi consiglio di visitare il seguente sito: http://santuariodicasaluce.com/storia-2/
e di guardare il seguente video http://www.youtube.com/watch?v=ooW_PfkyAdM.
Fonti: http://it.wikipedia.org,
articolo di Lorena Longobardo (Blog Casaluce. Alla
Scoperta della nostra Italia), http://www.rievocazioni.net/associazione/579/gruppo-arcieri-del-maniero-normanno.html,
www.sapere.it, articolo di Alessandra
D’Ottone del 05/06/2012 su http://www.quicaserta.it/cultura/casaluce/casaluce-il-monastero-torna-agli-antichi-splendori-029312
Foto: da http://santuariodicasaluce.com
e http://commons.wikimedia.org/wiki/File:Castello_Normanno_di_Casaluce.jpg
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