RIONERO SANNITICO (IS) – Castello Ducale
L'abitato, dall'andamento tipico montano, sorge a
1051 metri s.l.m.; è attraversato dalla SS. n.17 e l'ambito dalla SS. n.652
"Fondovalle Sangro", utilizzata per gli spostamenti verso l'Abruzzo
(Parco Nazionale, impianti sciistici di Roccaraso) o la Campania. Non abbiamo
molte informazioni sull'origine di questo paese; anticamente si chiamava
"Rivinigri", forse riferendo il nome al "Rio" che,
generandosi nel suo agro, va a divenire un affluente del Volturno. La notizia
più antica che si conosce del centro, almeno per quanto riguarda l'età feudale,
è che il suo agro apparteneva alla Badia di S. Vincenzo al Volturno cui venne
usurpato nel 1064. Si sa inoltre che, visto l'accaduto, l'abate di S. Vincenzo
chiese l'intervento del papa Alessandro II che, però, lasciò le cose inalterate.
Durante il dominio normanno, fu data in feudo ad alcuni signori del luogo e
alla metà del XII secolo a Oderisio de Rigo Nigro che lo tenne insieme ad una
parte di Montenero, Fara e Civitavecchia che complessivamente valevano una
rendita che lo obbligava a sostenere due militi nell’esercito. Oderisio teneva
anche i feudi di Collalto e Castiglione che oggi sono frazioni poco abitate di
Rionero, mentre Montalto apparteneva in quel tempo a Berardo figlio di Ottone. Nel
1381 Rionero fu concessa ad Andrea Carafa conte di Forlì, non si sa molto della
sua vita nel borgo, solo che lasciò il feudo al figlio Carlo il quale divenne
intestatario restandovi fino al 1418. Nel 1443, Rionero passò in feudo alla
casa di Sangro, casato piuttosto potente; i Sangro godevano, infatti, di titoli
nobiliari a Napoli e in varie zone sia campane che pugliesi ed in seguito
riuscirono a divenire anche signori di Casacalenda. Costanza di Sangro ebbe il
feudo dopo il matrimonio con Antonello di Rionegro, in seguito decise di
alienare l'ottava parte del feudo in favore di Luca Loffredo e di
Giovannantonio e Troiano di Montaquila. Queste due famiglie, insieme a quella
dei Sangro, tennero in dominio Rionero forse fino alla caduta della dinastia aragonese.
Nel XVI secolo il feudo tornò sotto il dominio dei Carafa grazie a Bartolomeo.
Pur se quest'ultimo iniziò anche la dinastia dei Carafa a Pietrabbondante,
bisogna dire che a Rionero vi furono altri intestatari e che il dominio della
famiglia durò molto di più. Nel 1514 passò nelle mani di Adriano Carafa che,
dopo aver sposato Caterina della Marra, ebbe vari figli tra cui Andrea, suo
successore. A quest'ultimo seguì Adriana, moglie di Andrea Severino, poi toccò
al loro figlio Niccolò. Questi era certamente intestatario del feudo nel 1539 e
dovette assegnarlo alla moglie Lucrezia Pignatelli in ipoteca a garanzia
dotale. Il sesto intestatario dei Carafa fu Ferrante, duca di Nocera e conte di
Forlì nel 1586; venne poi la volta di Giovannantonio. Quest'ultimo morì nel
1632, mentre suo figlio Adriano passò a miglior vita appena dieci anni dopo. Il
feudo venne quindi alienato in favore di Alfonso Carafa, duca di Montenero, per
17000 ducati. Alfonso sposò Beatrice Bucca da cui ebbe Antonio. Della discendenza
di quest'ultimo non si sa quasi nulla, solo che tra il 1764 e il 1781 il feudo
venne venduto all'asta e che poco dopo,
però, divenne bene permanente del demanio. Nel 1807, in seguito alle riforme
napoleoniche Rionero venne associato al distretto di Isernia. Oggi sono ancora
visibili i ruderi del Palazzo Ducale costruito dai duchi Carafa nel Seicento
con funzioni prettamente militari. Il castello evidentemente nacque da una
esigenza strategica di controllare uno dei passi fondamentali tra la valle
tirrenica del Volturno e quella contigua adriatica del Sangro. Ha un impianto
piuttosto semplice che sembra generato da una originaria torre quadrata che
aveva la funzione di mastio di protezione ad una modesta articolazione di
ambienti attorno ad una piccola corte interna. Del mastio rimane la struttura
originaria che ancora tiene nella sua parte interrata un cisterna che
raccoglieva con un sistema di canalizzazioni tutte le acque meteoriche. I vari
livelli sono ancora collegati da una pregevole, per quanto semplice, scala
elicoidale tutta in pietra che molto probabilmente fu realizzata quando il
maschio fu trasformato in una sorta di ingresso secondario con l’apertura di
una porta a diretto contatto con lo spazio pubblico esterno. L’ingresso
principale doveva coincidere con quella gradonata che ancora sopravvive sul
lato orientale e che permetteva di raggiungere direttamente il livello
superiore del complesso. Un grande ambiente parzialmente sotterraneo, con una
volta a tutto sesto, permette di ipotizzare che al piano superiore si
sviluppasse un salone che ebbe bisogno di un intervento di consolidamento
mediante l’inserimento di due belle colonne che, essendo fin troppo raffinate
per un ambiente sotterraneo, sembrano essere state prelevate da un altro luogo
per essere utilizzate semplicemente come provvisorio sostegno della volta
pericolante. Ormai tutto è crollato, ma le parti sopravvissute sono costituite
da elementi che comunque dovrebbero sollecitare un intervento di restauro che
permetta di recuperare il senso delle sua storia. Nell'area del castello sono
degni di nota i ruderi della Chiesetta di S. Antonio di cui rimane un portalino
neoclassico con due belle mensole a voluta che limitano la lapide che ricorda
il suo restauro ottocentesco curato dai Laurelli che ne hanno mantenuto lo
juspatronato fino alle vendite dell’intero complesso ormai ridotto ad un
ammasso di rovine. Quando nel 1853 fu eseguito questo restauro, all’interno della cappella ancora
si conservavano le due tombe di Alfonso Carafa e di sua moglie Beatrice Bucca
d’Aragona con l’epitaffio che ne ricordava i titoli. Di questa lapide non vi è
più traccia.
Foto da: http://iserniaprovincia.altervista.org/Percorsi/Castelli/rionero.php
e di Augusto Giammatteo su http://rete.comuni-italiani.it
di Alfoiani su http://www.panoramio.com
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