CICILIANO (RM) – Castello Theodoli
Sull’origine del toponimo gli studiosi sono discordi in quanto, secondo
l’opinione prevalente esso è collegato alla gens Caecilia, un fundus
Caecilianus o più brevemente Caecilianum, mentre secondo altri sul colle
dell’attuale Ciciliano sorgeva invece Sicilon o Siciletum, un oppidum che
avrebbe ricordato l’antica gente dei siculi. Quando nel V sec. iniziarono le
invasioni barbariche, i Trebulani furono costretti a fortificarsi e salirono
sul colle. Nel X secolo, dell’antica città si salvarono solo le mura poligonali
dopo la distruzione avvenuta per mano dei saraceni, ma a causa della sua
posizione strategica Ciciliano fu conteso fra l'abbazia di Subiaco e Tivoli.
Grazie all'appoggio di Roma alla fine prevalsero i monaci benedettini del
monastero sublacense che prontamente la ricostruirono. La prima citazione
storica del paese si riscontra in una lapide, fatta apporre nel Chiostro di
Santa Scolastica dall’abate Umberto, inviato da Leone IX a governare il
Monastero di Subiaco. In essa, con il nome errato di Bicilianum, Ciciliano
veniva incluso fra i possedimenti del monastero benedettino fin dal 1052.
Nell'Alto Medioevo sul territorio troviamo varie comunità sopra i ruderi della
stessa Trebula tra cui il Vicus Sancti Valerii. I contrasti tra Tivoli e
Subiaco portarono alla nascita di rocche sui monti, tra cui Rocca d'Elci ed il
Castrum Morellae, che sopravvissero al massimo fino al XV sec. In virtù del
testamento di Pietro Colonna di Giordano, signore di Genazzano, il feudo venne
ereditato nel 1373 dai Colonna insieme a Pisoniano e San Vito. Rimase ai
Colonna fino alla fine del secolo XIV, quando fu reso ai Monaci. L’antipapa
Giovanni XXIII (1410-15) lo diede in feudo ai Colonna, ai quali lo tolse
Eugenio IV (1431-47). Nel 1457 lo riebbero i Colonna. Nel 1484 tornò ai Monaci,
che però lo perdettero quasi subito. Tra il 1501 e il 1503 infatti fu
confiscato dai Borgia (da Alessandro VI) in favore dei figli di Lucrezia Borgia
e Alfonso d’Aragona ma, alla morte del Pontefice, i Colonna se ne appropriarono
nuovamente. Nuovi contrasti sorsero nel 1541 per l’imposizione del dazio sul
sale, tali da far inviare da Paolo III, contro i Colonna, Pier Luigi Farnese al
comando di 10.000 uomini. Caduto nelle mani delle milizie pontificie, il castello
venne restituito nel 1550 da Giulio III ai Colonna. Nel 1563 Marco Antonio
Colonna, per assolvere ai debiti paterni e costituire la dote per le sorelle,
vendette il feudo al principe Domenico Massimo. Divenuto contea, il feudo, nel
1572, fu acquistato da mons. Gerolamo Theodoli, vescovo di Cadice, per la somma
di 30.000 scudi romani. Durante il dominio dei Theodoli, il 23 dicembre 1579,
gli abitanti di Ciciliano ottennero un proprio statuto nel quale si stabilivano
norme civili e penali che regolavano l’amministrazione della comunità. Copia
manoscritta, ricavata dall’originale, è conservata presso l’Archivio di Stato
di Roma (raccolta statuti 195). La famiglia Theodoli, che ancora possiede il
castello, mantenne i diritti feudali fino al 1816. Il borgo medioevale del
paese mantiene la struttura medievale con vie strette e ripide dove nella sua
sommità si erge, il
maniero,
risalente al XII secolo ed in buono stato di conservazione. Nel corso del XV
secolo, sotto il dominio dei Colonna, la struttura del castello venne
modificata a scopo difensivo, secondo un modello diffuso in quel periodo: un
corpo centrale quadrato con quattro bastioni angolari. L'unica torre cilindrica
che si nota venne aggiunta circa un secolo dopo. Ulteriori modifiche, vennero
apportate nel XVIII secolo per volere della famiglia Theodoli (il rinforzo
delle fondamenta e il restauro delle quattro torri con merlatura guelfa). L’ingresso
del castello ha un’alta scalea con una prospettiva sulla “piazza di corte”, con
le due rampe di accesso a esedra, volute dall’architetto Gerolamo Theodoli; la
facciata del maniero è munita di due torri angolari, quadrata quella di destra
e cilindrica l’altra. Altre due torri di forma quadrangolare sono situate nella
parte posteriore. La struttura muraria è in pietrame mal squadrato con inserti
in mattoni. All'interno dell’edificio troviamo un corpo di guardia, una
scalinata che con un portico conduce alle sale di rappresentanza al piano
nobile, una cucina, un grande forno e un torchio per pigiare le uve con vasca
di raccolta. E’ assai interessante notare che al centro della corte è collocata
un'ara funeraria romana, proveniente dal territorio della vicina città di Trebula
Suffenàs, antico Municipio Romano di origine equa che sorgeva sul passo della
Fortuna (Ciciliano). Al piano nobile troviamo una serie di stanze compresa
una cappella e uno stanzone con un camino sulla cui sommità è dipinto il
blasone della famiglia Theodoli. Vi è inoltre un giardino pensile, oggi
parco comunale che si estende per una superficie di 54.650 mq, in cui spiccano
alcune piante secolari e con ai lati il camminamento di ronda. Infine,
negli ambienti sotterranei del castello sono collocate le carceri (probabilmente
risalenti alla fine del XVI secolo – 1579 - quando Theodolo Theodoli, con
l’approvazione di uno statuto tra i più avanzati per l’epoca, regolamentò anche
l’amministrazione della giustizia), in cui sono presenti suggestivi graffiti
d’epoca lasciati dai detenuti che vi furono rinchiusi. Le attuali torri e
merlature sono state rialzate e ristrutturate grazie a Francesco Maria Thedoli
con lavori del 1913 che riguardarono anche la sistemazione interna degli
ambienti e la ridefinizione strutturale della balaustra e delle rampe
d’accesso. Il Castello Theodoli, posto a 618 metri s.l.m. e dominante il paese
di Ciciliano e le valli circostanti, è oggi utilizzato come location per
cerimonie, conferenze, mostre. Nella cappella di famiglia, situata all'interno
del maniero, è inoltre possibile celebrare matrimoni.
Fonti:
http://www.romaepiu.it,
http://www.lazioturismo.it,
http://ilbersagliodipaglia.blogspot.it,
http://www.controluce.it,
http://www.tesoridellazio.it
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