Sorge su di un’altura rocciosa che domina il borgo di Arvier e sovrasta la chiesa parrocchiale dedicata ai Santi Sulpizio ed Antonio. I resti ancora visibili appartengono ad una cinta muraria, ancora in buone condizioni, ad una torre localizzata ad ovest, ad un corpo di fabbrica ad essa appoggiato e ad una seconda torre, a sud, nella quale era collocata una scala. La storia del castello di La Mothe è in gran parte oscura. Il complesso viene citato per la prima volta nei documenti dell'omaggio feudale del 1287, in cui giurò Aimone de Arviero. Per lo storico Jean-Baptiste de Tillier prenderebbe il nome dal nobile savoiardo Aymar de la Mothe, segretario del conte Filippo di Savoia, il quale alla fine del XIII secolo avrebbe sposato l'ereditiera della famiglia De Arverio. Il de La Mothe lo fece restaurare e gli attribuì il proprio nome, con il quale è noto nelle Udienze. Nel 1306 o nel 1409 passò ai d'Avise, che lo tennero come maison de plaisance. Fu quindi lasciato in consignoria alla nobile famiglia dei Sarriod de la Tour e a quella di minor nome dei Lostan. Per l'incuria di questi proprietari, che, non risiedendovi, non effettuarono più alcuna manutenzione, agli inizi del XVIII secolo il castello era già in rovina, utilizzato per fini agricoli o pastorali come fienile o stalla. Dopo essere stata acquistata dalla regione Valle d'Aosta, nel 2006 la struttura ha subito importanti interventi di restauro e messa in sicurezza. Si è provveduto a ricostruirne il tetto, a consolidarne le strutture murarie ed a risistemare l’area adiacente che, in varie occasioni, è stata utilizzata per la messa in scena di spettacoli musicali e teatrali. Tuttavia, nonostante il completamento dei lavori l'area è ancora oggi in stato di degrado, in attesa di una nuova destinazione d'uso. I restauratori hanno trovato tracce di affreschi che farebbero pensare alla presenza di una cappella. Dalle risultanze di un’indagine archeologica effettuata di recente, è emerso come il castello abbia subito diverse fasi di trasformazione. La prima fase costruttiva del castello è di difficile comprensione. A tutt'oggi poco o nulla è rimasto dell'edificio originale e questo viene citato per la prima volta in un documento del 1287 anche se le analisi dendrocronologiche hanno restituito una datazione addirittura al 1236-1237. I principali resti sono esigui e difficilmente riconoscibili: sono per lo più legni di sostegno che formano le centine delle finestre, gli architravi delle porte o oggetti simili. In generale gran parte dei materiali fu poi riutilizzata in successivi rimaneggiamenti. Il nucleo originario di tutto il complesso, ancora in buono stato di conservazione, risale, invece, alla seconda fase (XIV secolo - post 1376). Appartengono a questo periodo gran parte dei corpi di fabbrica oggi ancora visibili in quanto il loro stato di conservazione è migliore rispettto alle altre parti della struttura: gli interventi successivi non ne hanno praticamente modificato la forma originale. Il nuovo edificio (di ampiezza 13 per 8 mt) si basa direttamente sul substrato roccioso sottostante; riesce ad elevarsi per 14 mt di altezza e ad ospitare ben 4 piani al suo interno. Date le dimensioni e la posizione è intuibile la sua funzione più residenziale che difensiva; non a caso è l'unica parte del castello priva di feritoie. Per quanto riguarda l'impianto difensivo esterno non è possibile delineare, se non a grandi linee, lo sviluppo di quel periodo. La parte più cospicua della terza fase costruttiva è costituita dalle mura e dai loro resti che, oltre a delineare in gran parte il prospetto dello sperone roccioso sul quale poggia l'edificio e che probabilmente delimitano lo spazio identificabile come mastio. Sul lato nord est si può scorgere una parete sulla quale è ancora riconoscibile una finestra con sedile, verosimilmente resti di una torre. Dato lo stato di avanzato dirudimento, né gli scavi archeologici né le successive analisi, hanno consentito di capire l'altezza, la planimetria e la funzione originaria del corpo di fabbrica. Appartenente allo stesso periodo è un altro edificio, nell'area centrale, del quale rimane solo la parte sottostante del muro perimetrale. Non è da escludere che all'epoca i due edifici fossero collegati tramite passaggi coperti, lignei o in muratura anche se la definizione è molto difficile in quanto quasi tutta la struttura fu stravolta da una successiva ricostruzione del XVI secolo. Nel XVI secolo avvennero importanti riqualificazioni sia volumetriche dell'edificio sia di restauro di antichi dettagli decorativi di singoli elementi architettonici.Venne in particolare costruito un nuovo nucleo centrale con funzione di collegamento tra i vani già esistenti e che, di conseguenza, fu adattato nella planimetria a questi ultimi. Al contempo sul lato sud si rese necessaria la costruzione di una scala indipendente di forma elicoidale (oggi visibile solo sommariamente poiché diruita) avente funzione di collegamento tra piani alti e bassi e tra nuove e vecchie parti. Ulteriori analisi hanno consentito di stabilire che la nuova costruzione aveva uno svilppo principalmente verticale ed era suddivisa al suo interno in tre piani di cui rimangono solo scanalature lignee oggi restituite dalla dendrocronologia. Questi spazi appartenevano con ogni probabilità al piano nobile dati i resti di un camino (a tutt'oggi sospesi nel vuoto a causa del crollo del solaio) di elevata qualità decorativa. Al fine di collegare gli ambienti e attenuare i dislivelli, il pavimento fu abbassato di circa un metro nelle strutture precedenti e venne realizzata una nuova apertura sul lato della sala con il camino. Le travi del soffitto dovevano essere a vista: la dendrocronologia ha restituito una datazione per tutte prossima al 1514 ed esse risultano omogenee anche per la scelta del legno. Quelle dei pavimenti, invece, poiché dedite ad essere ricoperte da questi ultimi, utilizzano anche elementi di reimpiego preesistenti. Nel frattempo, mentre veniva ampliata della cinta muraria verso est, venne anche decisa la costruzione di un nuovo portare d'ingresso, riccamente scolpito, verso nord. I proprietari dell'epoca, i D'Avise, avrebbero avuto con ogni probabilità un elevato gusto artistico, testimoniato, oltre che dalle decorazioni scultoree già menzionate, anche da un ciclo di affreschi, ritraente soggetti naturalistici, che ci è pervenuto. Infine nella quinta fase, riconducibile al XIX secolo, gli ambienti del castello parzialmente abbandonato vennero ulteriormente parcellizzati con tramezzature o muri interni e destinati ad attività rurali: in particolare il piano terra del torrione fu trasformato in un ricovero per gli animali. A testimonianza di ciò, lì sono state ritrovate persino canaline o vasche di abbeveraggio. L’impronta ruralizzante, concentratasi prevalentemente sui piani terreni, ha in parte risparmiato invece quelli superiori. Il castello è tuttora chiuso al pubblico. Altre notizie a questo link: http://www.cortelazzomauro.it/pubblicazioni/castelli/castello_la_mothe_arvier.pdf
Fonti: http://www.arvier.eu, http://it.wikipedia.org
Foto di Andrea Vallet (http://www.arvier.eu) e di zinaztli su http://www.panoramio.com
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